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11-04-2020, 15:05
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 11-04-2020, 15:51 da Caleb89.)
Riunitosi ai fratelli dell'Ordine degli Affranti di stanza ad Alberi Intrecciati, Ivor ebbe un breve scambio con il Maestro Xavier nel quale lo dispensava da ogni obbligo verso i profughi delle 3 Valli diretti al Mare della Luna. L'Ordine dopotutto aveva ancora dei doveri verso gli abitanti rimasti nel resto della regione e se non se la sentivano di operare nei territori dello Zhentarium avevano tutta la sua comprensione.
Il Riverito Fratello sarebbe andato, se non altro per aiutare ciò che restava del Tempio della Triade di Ashabenford in questa difficile fase di transizione. Forse un giorno avrebbero fatto ritorno, per scacciare questi invasori da incubo e per rivendicare il Sacrario del Santo Rogo restaurato di recente, ma per il momento era prematuro anche solo pensarci.
In ogni caso gli altri monaci sarebbero stati i benvenuti verso qualunque sorte e nel condividere qualunque sofferenza avesse in serbo il fato per loro, rimettendosi al servizio del Padre Benedictus.
L'idea di Ivor era quella di rinfoltire presto i ranghi contattando un altro ordine che operava in quella regione così ostile, seppur facendolo in clandestinità fin dai tempi del martirio del loro santo patrono: i Discepoli di St. Morgan il Taciturno.
Non era certo di come l'ordine monastico locale avrebbe accolto la congregazione delle Valli, visto il modo così diverso con il quale erano soliti lavorare, ma Ivor sperava che un'intesa si sarebbe potuta trovare.
Le alternative non erano altrettanto convincenti poichè, anche se la sua patria illuminata era ora più vicina, invitare degli alleati tra gli altri ordini monastici e cavallereschi fedeli al Piangente avrebbe richiesto senza dubbio più tempo e comportato rischi maggiori. C'erano ben pochi porti sicuri lungo le coste del Mare della Luna per chi professava la loro Fede in modo altrettanto militante.
"I live...AGAIN!"
IVOR CHERNOV (e JASSIN OAKSTAFF)
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"Due bestie enormi da sud" urlò la vedetta dalla torre di guardia.
E mentre gli avventurieri, la milizia cittadina e quel che ne rimaneva dell'esercito combattevano fino all'ultimo respiro per difendere il rituale di Elfeor, l'orecchio di Xovar gli percosse un ronzio che di lontano pareva venir cupo, incessante.
Stette ed ascoltò la litania elfica che risuonava dal portale.
Non aveva dubbi, aveva già sentito parlare di quell'incantesimo e fu colto dalla speranza.
In tempi non sospetti ad Ashabenford, ebbe un'idea geniale, riparare il velo. Ed ecco che Elfeor stesso la stava realizzando con l'aiuto di Darsa.
Corse da Davian durante un momento di pausa tra un ondata e l'altra.
"Hey Davian, visto chi aveva ragione?" disse Xovar baldanzoso "Elfeor sta riparando il velo".
Lo sguardo di Davian si fece triste. Xovar si impietrì.
Gli era sfuggito qualcosa? La sua gioia divenne ansia e, perplesso, corse verso l'area del rituale.
I suoi passi erano stanchi e pesanti. Divorò comunque il tragitto, raggiunse l'orlo e vide..
Vide l'arcimago scomparire, seguito dall'ultimo sorriso di Darsa.
Lo squarcio si stabilizzò e il sole tornò a brillare di luce quasi naturale tra lo sbigottimento generale e le urla di dolore degli avventurieri.
Il nemico, un arcimago impazzito, si palesò inveendo rabbiosamente e costringendo, con i suoi immensi poteri, tutti alla ritirata.
Una piccola vittoria di una guerra che non potevano vincere.
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Infine erano giunti ad Hillsfar.
Il cuore di Leonides era ancora pesante per la tragica notizia della morte di Darsa. Era morta e lui non aveva potuto tentare nulla. Forse la genasi lo avrebbe preso a palle di fuoco per farlo desistere, ma almeno avrebbe potuto salutarla...
Aveva deciso di mantenere una sorta di ruolo di assistenza ai civili delle Valli in quel periodo di transizione della gente per essere sistemata nelle loro destinazioni in città e nelle campagne. La milizia era stata destituita, ma lui poteva mantenere la sua indipendenza di avventuriero e vedendo Nelyssa deporre la sua arma per prima innanzi agli altri miliziani non era riuscito ad andarsene per la sua strada.
Quelle persone seppur ora con un tetto sulla testa avevano bisogno anche di sicurezze. Avrebbe pertanto concesso ancora il suo braccio per un pò, sino alla stabilizzazione di tutto e poi...
Beh poi avrebbe deciso cosa fare. Forse trovarsi un occupazione più tranquilla, oppure andare sui fronti contro le aberrazioni di quell'abominio di Daruth.
In ogni caso forse ora anche lui aveva bisogno di un pò di riposo per riflettere... e piangere i tanti morti...
Leonides Nathos
Sek Nefer
Ramses Amosis
Kal Strike
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Era partito quando i drow avevano distrutto tutto quello che aveva ad Hap.
Era tornato e ricostruito la sua vita.
Aveva ucciso draghi, e tante altre creature.
Da un semplice ragazzo con poteri magici era diventato un potente e famoso stregone.
Ma poi aveva perso tutto nuovamente, prima Hap, poi man mano tutto quello che in questi anni si era conquistato.
Durante il viaggio fino a Hillsfar non riusciva a non pensare al sacrificio di Darsa.
Anche se lo trattava sempre come un sempliciotto, più di una volta lei si era dimostrata una vera compagna.
I progetti di una vita da avventuriero pensando solo a se stesso erano cambiati.
Negli ultimi mese molto era cambiato.
Ora doveva prendere una decisione: poteva comprare una casa a Hillsfat e partire con una nuova vita, oppure dare supporto ad un eventuale fronte per combattere Daruth.
Hellen'Alena'Snyder - Anthony Webber Lo Stregone - Nathan Lore il Guerriero Nero - Malena Lianarth Sacerdotessa del Cavaliere
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Attendeva ad Hillsfar i suoi uomini, non aveva più avuto notizie dall'Abbazia della Spada e dal Comandante Lloyd.
Aveva fatto quello che aveva potuto per la gente delle Valli, meno di quanto avrebbe voluto, ma scortare la popolazione di Ashabenford fino ad Alberi Intrecciati, e prima di loro fare altrettanto con i viveri e le vettovaglie, era stata una scelta voluta e fatta con criterio, altri, ben più preparati di lui, si sarebbero occupati degli Squarci e della minaccia incombente.
Ora, ad Hillsfar, tra i rifugiati anche di Myth Drannor, giungeva anche quella parte di popolazione che aveva contribuito a salvare, e benchè questo lo facesse sentire meglio, non poteva certo non pensare a coloro che, caduti sul campo di battaglia, non erano giunti alle porte della città. Gran merito di quanto si era riuscito a salvare era merito loro, ed al contempo un grande onere gravava sulle spalle di chi era sopravvissuto, questi ultimi si sarebbero dovuti far carico di consentire a tutti i rifugiati di non sentirsi, per troppo tempo, stranieri in questa nuova realtà. In cuor suo sapeva di dover battersi per quella gente, ora più che mai.
I suoi uomini erano arrivati, sani e salvi, stanchi e provati li aveva accompagnati fino al tempio di Tempus, dove il sacerdote Guff aveva acconsentito a farli rimanere per tutta la durata della loro permanenza ad Hillsfar.
Avrebbe aspettato qualche giorno prima di chiedere agli avventurieri, giunti con gli sfollati, cosa fosse successo, durante la sua assenza, alla città del canto ed alla minaccia che aveva squassato tutte le Valli.
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PT I - l' ultimo rituale
La parte più difficile forse è stata proprio ignorare i combattimenti intorno a noi, tutte quelle... mostruosità venute proprio per fermaci. Fare come se non ci fossero, fidarsi dei propri compagni per la propria salvezza, consapevole delle ripercussioni di un nostro fallimento... e non potermi fermare nemmeno per.. un'ultima... misera palla di fuoco. Soprattutto quando quel coso insettoide riuscì a distrarmi saltandomi addosso solo per schiacciarmi con la sua carcassa già morta. Rimbeccata da Elfeor mi liberai da quello schifo di dosso per rimettermi al lavoro senza permettere più a niente di distrarmi. La forza della mia determinazione si chiama incazzatura. Oppure testardaggine, per gli amici educati. Tracciare le ultime rune richiese un'eternità di tempo, scandita da urla oramai del tutto indistinte tra mostri e uomini nella furia battagliera, eppure quando il cerchio si chiuse, per un attimo, un solo piccolissimo istante, avrei voluto più tempo. Ma quello era proprio ciò che non avevamo più.
Ironia della sorte avevo compreso proprio io cosa mancava nel rito pensato da un Elfeor ormai prossimo alla follia, rendendomi conto proprio mentre lo spiegavo che ero l'unica cosa vivente a disposizione per completarlo. Coraggiosa dice Annette... mi sa che l'avevo presa più come uno scherzo. Elfeor ripeteva che non ero obbligata. Era palese non mi rendessi conto davvero di cosa mi aspettasse, insomma tutti conosciamo la morte ma di solito i morti non tornano a dirti com'è andata. Di solito. Chiesi solo di non dire nulla agli altri, non volevo mi fermassero, e che l'anello del mio defunto padre fosse mandato a mio figlio nel Damara. A lui avevo fatto una promessa e mi ero immaginata circa 34 modi migliori per mantenerla. Annette già piangeva. Annette mi spaventava a morte!
Mi resi conto davvero di cosa stavo lasciando quando uscendo dalla Torre mi trovati davanti quel rompiscatole di Davian. Io.. no cioè.. nessuno può avere così tanto potere da centrare come lui i momenti meno opportuni. Ci conosciamo da quanto? Due.. Tre... anni... Per quale astrusa congiunzione planetaria mi viene a chiedere di seguirlo a Hillsfar per ricominciare insieme a... Perdonami Kossuth. Ma potevi anche dargli il potere della socievolezza, ad esempio. Chissà se ora si ricorda cosa risposi, che ne avremmo riparlato... Fu strano per me rispondergli così calma, persa da altri pensieri. In qualunque altro momento nulla mi avrebbe trattenuta dal fargli spiccare un'accelerazione discendente oltre il muretto.
Anche gli altri arrivarono su ormai incapaci di sopportare la forzata inattività dell'attesa. Avevo troppo pensieri in testa per rispondere loro precisamente, non volevo sospettassero. Domande del tipo se il rito ci avrebbe salvati tutti.. eccerto, basta sopravvivere al rito, dissi io. Andai via, vedendoli mi rendevo conto che.. chi più chi meno... mi sarebbero mancati tutti. Ma ero l'unica che poteva fermare questa cosa. Avevamo tentato di tutto, ma nemmeno i circoli demoniaci erano bastati. Serviva uan grossa quantità di energia vitale, quella di un arcielfeor e di uno degli elementi di cui è composto il nostro piano. Tipo quella di una genasi del fuoco.
Forse ho sbagliato, la parte più difficile arrivò dopo. Quando Elfeor mi prese per mano per scendere sotto lo squarcio, cominciammo a salmodiare il rito vero e proprio. La parte più complicata, si trattava di Alta magia elfica ed il mio controcanto doveva intrecciarsi alle parole di Elfeor. Ben presto venimmo avvolti dalla una argenteo-dorata. Le mie mani cominciarono a infreddolirsi e nel contempo sentivo il calore eccessivo proveniente dall'interno che veniva incanalato producendo dei filamenti di luce uniti a quelli di Elfeor fino a toccare lo squarcio e rimbalzare sui cristalli infranti dell'Albero delle Vie.
Oggi non saprei dire se fu doloroso, tutto ciò che contava era che funzionasse, non ci importava altro. Sentivo il corpo sfaldarsi ma ero ancora cosciente, tanto da rendermi conto che nella mia pergamena mancava un pezzo del rituale. Elfeor non si era sbagliato, mi stava dando l'opportunità di salutare i miei compagni. Non mi capita spesso di voler abbracciare qualcuno, ma tanto non potevo muovermi. Li guardai uno ad uno imprimendo i loro volti così come volevo ricordarli. Avevo mille cose da dire a ognuno e così poco tempo per farlo. Optai per l'unica parola importante che avevo nel cuore. Addio..
[continua]
"Come ti chiami?" "Echo" "Echo?" "Echo"
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PT II - come una fenice....
Aprii gli occhi nella penombra, confusa inizialmente, come dopo un lunghissimo sogno. Ricordavo tutto, proprio tutto, perchè sapevo bene essere stato reale.
"Elfeor.." tentati di chiamare, ma le mie labbra e le corde vocali erano come impastate.
Avevo sentito la sua anima dissiparsi proteggendo la mia... non sarei qui altrimenti. E pensare che un tempo ero bandita dal popolo elfico.
Avevo avuto anche la chiara percezione che il rito aveva funzionato bene. Il velo si era finalmente stabilizzato ed ero certa che non si sarebbero aperti altri grossi squarci. Non eravamo riusciti a salvare le Valli, ma il resto del Piano Materiale era fuori dalla portata di Daruth Winterwood.
Non so se fossi più felice o triste ma di sicuro ero nuda. Sdraiata su di un letto coperto da una teca di cristallo. Indubbiamente viva.
Potevo sentire la mia pelle tornare al suo calore man mano che il sangue mi scorreva in corpo. Un corpo diligentemente conservato da molto tempo ma piuttosto irrigidito. Faticai un po' per riuscire a muovere dapprima le dita, poi le braccia. Non mi preoccupai più di tanto, probabilmente era normale per un corpo nuovo rimasto immobile per anni. Dovevo solo farlo mio, scaldando i muscoli con un po' di pazienza.
Dovevo solo stare ferma.
Invece aprii la teca così malamente che si infranse ricoprendo di vetri il pavimento intorno. Mi accorsi di avere una veste vicino, quando la vidi scivolare a terra. Mi tirasi su a sedere, le gambe ancora come sacchi di patate, che rotolarono giù dal letto facendomi finire a terra al primo tentativo di raccoglierla. Infilai la veste e quando finalmente mi alzai, notai un bastone premurosamente appoggiato ad una sedia proprio a un passo da me. Gli diedi un calcio buttandolo a terra solo per stizza, valutando che anche le gambe ora rispondevano a dovere. Notai una pergamena e alcune cose sul tavolo, così finii di darmi una sistemata e uscii dalla stanza con qualche taglietto e livido di troppo.
Col casino che avevo fatto evidentemente in casa si erano già accorti del mio ritorno. La gioia di rivedere il mio piccolo bamb.. "oh mio dio ma quanto cresci? con che ti nutrono?" Praticamente mi travolse tra feste e abbracci girandomi attorno tutto felice e allertando chiunque non avesse ancora capito che ero qui. E mi rimproverò pure per essere in ritardo!
Poi qualcuno della servitù venne a darmi il benvenuto, sistemarono le mie "ammaccature" e mi accompagnarono finalmente da Harald. In realtà ero affamata così fu occasione per sorseggiare un tè insieme in tranquillità. Parlavamo piacevolmente mentre tra un biscotto e l'altro, gli narravo le vicende degli ultimi tempi. Poi all'improvviso notai Harald distratto da qualcosa:
“Fiamma Eterna, è mio triste dovere informarvi che Darsa ha sacrificato la propria vita per ritessere il velo attorno allo squarcio di Myth Drannor.”
"Veramente è qui che sorseggia un tè di fianco a...dice che non dovrei rovinare la sorpresa"
Affondai l'ultimo biscotto nel tè, lasciandolo sfaldare simbolicamente e chiedendo perdono a Kossuth se avevo voglia di picchiare Davian per avere la memoria più errante del suo stesso braciere. Possibile si fosse scordato di aver fatto irruzione nel mio nascondiglio e visto coi suoi stessi occhi il mio bellissimo clone? Ne avevo persino parlato alla guerra contro i draghi rossi!
Poi invece, guardando Harald, non potei fare a meno di sorridere... probabilmente perchè entrambi potevamo benissimo immaginare la faccia di Davian in quel preciso istante. Presi la pergamena di Inviare pensando a quali parole dire al mio più grande rompiscatole. Forse qualche anno fa lo avrei seguito davvero fino a Hillsfar, ma ora...
"Perdonami Davian, sei la persona che più mi duole lasciare ma la mia famiglia ha bisogno di me. Sono morta e ora viva, sai perchè.."
Il mio nuovo corpo.
Ricordo ancora quando mi feci prendere un pezzo di carne per crearlo, solo come folle precauzione per sfuggire con la morte ad un pazzo stregone. Ovviamente non fu necessario, così lo tenni nascosto in una stanza segreta del mio emporio. Da allora, mentre le ragazze normali fantasticavano sul giorno del loro matrimonio, io fantasticavo sul giorno della mia prima morte. E con lo stesso entusiasmo! In particolare sognavo farmi esplodere portando distruzione in mezzo a un esercito nemico. Ma in ogni fantasia, davo per scontato che sarei tornata dai miei compagni come una fenice risorta dalle sue ceneri.
Mai averei immaginato di usarlo per qualcosa di così importante, per salvare un intero mondo. Restare con la mia famiglia, che più di ogni cosa avevo sacrificato in questi anni, mi sembrava la cosa più giusta da fare ora.
DARSA NAUR
13 Eleasias 1363 - 1 Tarsakh 1390
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