06-04-2019, 18:21
Lui la scrutava ergendosi silenzioso e immobile, solo uno sguardo attento avrebbe potuto percepire il leggerissimo smuoversi del petto, quasi che la stessa aria che respirava fosse un bene da non sprecare. Pazientemente, attendeva ordini.
L'elfa lo guardava di rimando, a sua volta silente, specchiandosi nella calma impassibile che le donavano quegli occhi neri come la pece.
Poi lentamente abbassò lo sguardo, studiando per brevi secondi la corporatura dell'altro, lasciandolo scivolare sui muscoli perfettamente definiti per uno scopo: uccidere in maniera rapida ed efficace.
Fino a non molto tempo prima, non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere. Non aveva mai considerato lo scontro se non come ultima risorsa, ma dapprima si era inaspettatamente trovata a guidare degli uomini in battaglia, e ora lui si era volontariamente offerto di esserle sottoposto.
Nelle ore precedenti, dubbi e quesiti le avevano serpeggiato nella mente e nel cuore. Davvero voleva quello? Davvero era pronta a compiere il passo che separa le persone di pace come aveva sempre pensato di essere da chi attivamente cerca la distruzione dei propri nemici?
Poi però era stato lui stesso a fugarle quei dubbi. Quella era la sua natura, e nemmeno lei avrebbe potuto cambiarla. Era un assassino. Un'arma. Che male avrebbe potuto fare indirizzarlo verso chi se lo meritava, e dargli uno scopo più nobile?
Tornò a guardarlo negli occhi. Le bastò un cenno, e l'assassino ubbidì.
Coprì rapidamente lo spazio che lo separava dalla sua preda, con una grazia innaturale che gli permetteva di non essere minimamente ostacolato nel folto sottobosco, e riuscendo al tempo stesso a essere incredibilmente furtivo.
Quand'era a pochi passi balzò sul nemico, trafiggendolo prima ancora che si accorgesse di quanto stava accadendo. Col corpo della vittima non ancora atterrato, lo sfruttò per darsi slancio e balzare sul secondo, afferrandolo alla gola e aggirandolo per sfruttare il suo corpo come scudo per ripararsi dalle armi degli altri due.
Il terzo finì a terra alcuni istanti dopo, sporcando l'assassino col sangue che sgorgava dal ventre squarciato e concedendosi un'ultima imprecazione. Il quarto cadde all'indietro col petto fracassato, con un sonoro scricchiolio di ossa e un ultimo gorgoglio mentre invano annaspava per cercare di prendere aria, muovendo affannosamente le mani come un insetto.
Il silenzio tornò a regnare su quell'angolo di foresta. Si alzò, e tornò dall'elfa, guardandola con un'aria quasi sorniona. Era consapevole di essere un perfetto strumento di morte, e che aveva svolto nel migliore dei modi il suo compito.
La guardava come a chiederle se davvero fosse tutto qui, se davvero fosse necessario scomodarlo per un compito così semplice.
Eppure non c'era sfida nel suo sguardo, non c'era risentimento. L'unica cosa che lasciavano realmente trasparire quei due pozzi di oscurità era un profondo rispetto, forse addirittura affetto, incondizionato e viscerale.
La donna fece un breve sorriso e annuì in approvazione, dopodiché si allontanarono insieme nel bosco.
L'elfa lo guardava di rimando, a sua volta silente, specchiandosi nella calma impassibile che le donavano quegli occhi neri come la pece.
Poi lentamente abbassò lo sguardo, studiando per brevi secondi la corporatura dell'altro, lasciandolo scivolare sui muscoli perfettamente definiti per uno scopo: uccidere in maniera rapida ed efficace.
Fino a non molto tempo prima, non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere. Non aveva mai considerato lo scontro se non come ultima risorsa, ma dapprima si era inaspettatamente trovata a guidare degli uomini in battaglia, e ora lui si era volontariamente offerto di esserle sottoposto.
Nelle ore precedenti, dubbi e quesiti le avevano serpeggiato nella mente e nel cuore. Davvero voleva quello? Davvero era pronta a compiere il passo che separa le persone di pace come aveva sempre pensato di essere da chi attivamente cerca la distruzione dei propri nemici?
Poi però era stato lui stesso a fugarle quei dubbi. Quella era la sua natura, e nemmeno lei avrebbe potuto cambiarla. Era un assassino. Un'arma. Che male avrebbe potuto fare indirizzarlo verso chi se lo meritava, e dargli uno scopo più nobile?
Tornò a guardarlo negli occhi. Le bastò un cenno, e l'assassino ubbidì.
Coprì rapidamente lo spazio che lo separava dalla sua preda, con una grazia innaturale che gli permetteva di non essere minimamente ostacolato nel folto sottobosco, e riuscendo al tempo stesso a essere incredibilmente furtivo.
Quand'era a pochi passi balzò sul nemico, trafiggendolo prima ancora che si accorgesse di quanto stava accadendo. Col corpo della vittima non ancora atterrato, lo sfruttò per darsi slancio e balzare sul secondo, afferrandolo alla gola e aggirandolo per sfruttare il suo corpo come scudo per ripararsi dalle armi degli altri due.
Il terzo finì a terra alcuni istanti dopo, sporcando l'assassino col sangue che sgorgava dal ventre squarciato e concedendosi un'ultima imprecazione. Il quarto cadde all'indietro col petto fracassato, con un sonoro scricchiolio di ossa e un ultimo gorgoglio mentre invano annaspava per cercare di prendere aria, muovendo affannosamente le mani come un insetto.
Il silenzio tornò a regnare su quell'angolo di foresta. Si alzò, e tornò dall'elfa, guardandola con un'aria quasi sorniona. Era consapevole di essere un perfetto strumento di morte, e che aveva svolto nel migliore dei modi il suo compito.
La guardava come a chiederle se davvero fosse tutto qui, se davvero fosse necessario scomodarlo per un compito così semplice.
Eppure non c'era sfida nel suo sguardo, non c'era risentimento. L'unica cosa che lasciavano realmente trasparire quei due pozzi di oscurità era un profondo rispetto, forse addirittura affetto, incondizionato e viscerale.
La donna fece un breve sorriso e annuì in approvazione, dopodiché si allontanarono insieme nel bosco.
Velyahn: