26-06-2022, 15:38
Vivere è soffrire, sopravvivere è trovare un senso nella sofferenza. -Friedrich Nietzsche
Eran continuava a cercare di dare un senso a quanto accaduto. Quella che sembrava la scomparsa di una bambina, per quanto preoccupante, si era trasformata in un disastro di dimensioni abnormi. Il tutto perché gli avventurieri non potevano esimersi dall'agire ognuno per conto proprio, al diavolo le conseguenze. No, era ingiusto. Quel fanatico di Tyr non era meglio degli avventurieri, ed il cacciatore, che si proclamava suo compagno di fede, non era da meno.
Cosa poteva fare un sacerdote di Helm in tali condizioni? Aveva provato ad elaborare un piano, ma gli altri non lo avevano ascoltato. Peggio, avevano preso delle parole a caso da ciò che aveva detto, e cercato di metterle insieme.
In più alcuni avventurieri avevano agito, cercando un contatto con la talonita, senza metterlo al corrente dei fatti.
In tutto questo, la sacerdotessa della divinità della pestilenza era riuscita a rapire Luth. Non ci si capacitava del come, in una città nella quale era stata stilata una taglia sulla testa, ma Eran non avrebbe dovuto sorprendersi. Nella città dove si vendevano schiavi, dove il conio valeva più della vita, dove la guardia era formata da persone evidentemente selezionate per i propri fallimenti nella vita piuttosto che per i meriti, in quanto incapaci di portare a termine da soli il più semplice dei compiti, tutto questo era la norma. Come cercare di trattare con una talonita, la cui maledizione nasceva dall'imbecillità del singolo, e veniva propagata da gente che non capiva come l'epidemia potesse venire risolta solo tramite lo sforzo degli addetti ai lavori. Cosa speravano, che risolvesse il tutto con uno schiocco di dita? E ciò che era peggio, era che l'eminente, o così lo presentavano, capo della gilda degli avventurieri locali non era capace di fare di meglio.
Per qualche miracolo, alla fine, la talonita era stata presa e portata in città. Eran non aveva dubbi che se la sarebbe cavata. Avrebbero trovato un accordo, come era d'uso in quella città, un luogo nel quale un precedente zentharim aveva un luogo da consigliere, così come una pirata. La stessa consigliera alla quale erano stati presentati, ma migliore a sentito dire, aveva concesso loro la taglia a patto di devolvere il ricavato alle famiglie delle vittime della pestilenza. Intento nobile, se non fosse stato imposto dall'alto, da chi aveva permesso quelle stesse persone vivessero nel fango fino a poco prima.
Ma aveva poco da predicare, il tempio della Triade non si era dimostrato migliore, partorendo fanatici e con un priore di Torm che continuava a guardarlo di traverso, aggrappandosi a delle differenze di fede vecchie più di lui. Perfino il suo compagno di viaggi, Gabriel, se ne era tornato in patria dopo aver avuto a che fare con loro.
Ed in tutto questo, la gente li chiamava eroi. La stessa gente che aveva acclamato Maalthir, gli Zhentarim, ed ora si conformava ai salvatori. Senza dubbio pronti a schierarsi con chiunque facesse loro comodo sul momento. L'unica cosa che Eran sapeva nel profondo, era di aver violato il quinto dogma di Helm: Proteggi i deboli, i poveri, i feriti ed i giovani, e non sacrificarli per nessun motivo, neanche per te stesso. Erano stati pronti a sacrificare una povera malata di mente ad una talonita, per non averne nulla in cambio tranne la speranza una divinità malvagia si muovesse a compassione. Illusi. Lui l'aveva fatto per salvare un compagno di fede, e ne avrebbe pagato le conseguenze. Nessun helmita ne lasciava indietro un altro, qualche che fosse il costo.
Ma cos'altro poteva fare? Le virtù facevano difetto in quella città, ed i vizi abbondavano. In qualche modo avrebbe dovuto conviverci, e fare penitenza per le proprie mancanze.
Peccato fosse l'unico sacerdote del Guardiano in quelle terre.
Eran continuava a cercare di dare un senso a quanto accaduto. Quella che sembrava la scomparsa di una bambina, per quanto preoccupante, si era trasformata in un disastro di dimensioni abnormi. Il tutto perché gli avventurieri non potevano esimersi dall'agire ognuno per conto proprio, al diavolo le conseguenze. No, era ingiusto. Quel fanatico di Tyr non era meglio degli avventurieri, ed il cacciatore, che si proclamava suo compagno di fede, non era da meno.
Cosa poteva fare un sacerdote di Helm in tali condizioni? Aveva provato ad elaborare un piano, ma gli altri non lo avevano ascoltato. Peggio, avevano preso delle parole a caso da ciò che aveva detto, e cercato di metterle insieme.
In più alcuni avventurieri avevano agito, cercando un contatto con la talonita, senza metterlo al corrente dei fatti.
In tutto questo, la sacerdotessa della divinità della pestilenza era riuscita a rapire Luth. Non ci si capacitava del come, in una città nella quale era stata stilata una taglia sulla testa, ma Eran non avrebbe dovuto sorprendersi. Nella città dove si vendevano schiavi, dove il conio valeva più della vita, dove la guardia era formata da persone evidentemente selezionate per i propri fallimenti nella vita piuttosto che per i meriti, in quanto incapaci di portare a termine da soli il più semplice dei compiti, tutto questo era la norma. Come cercare di trattare con una talonita, la cui maledizione nasceva dall'imbecillità del singolo, e veniva propagata da gente che non capiva come l'epidemia potesse venire risolta solo tramite lo sforzo degli addetti ai lavori. Cosa speravano, che risolvesse il tutto con uno schiocco di dita? E ciò che era peggio, era che l'eminente, o così lo presentavano, capo della gilda degli avventurieri locali non era capace di fare di meglio.
Per qualche miracolo, alla fine, la talonita era stata presa e portata in città. Eran non aveva dubbi che se la sarebbe cavata. Avrebbero trovato un accordo, come era d'uso in quella città, un luogo nel quale un precedente zentharim aveva un luogo da consigliere, così come una pirata. La stessa consigliera alla quale erano stati presentati, ma migliore a sentito dire, aveva concesso loro la taglia a patto di devolvere il ricavato alle famiglie delle vittime della pestilenza. Intento nobile, se non fosse stato imposto dall'alto, da chi aveva permesso quelle stesse persone vivessero nel fango fino a poco prima.
Ma aveva poco da predicare, il tempio della Triade non si era dimostrato migliore, partorendo fanatici e con un priore di Torm che continuava a guardarlo di traverso, aggrappandosi a delle differenze di fede vecchie più di lui. Perfino il suo compagno di viaggi, Gabriel, se ne era tornato in patria dopo aver avuto a che fare con loro.
Ed in tutto questo, la gente li chiamava eroi. La stessa gente che aveva acclamato Maalthir, gli Zhentarim, ed ora si conformava ai salvatori. Senza dubbio pronti a schierarsi con chiunque facesse loro comodo sul momento. L'unica cosa che Eran sapeva nel profondo, era di aver violato il quinto dogma di Helm: Proteggi i deboli, i poveri, i feriti ed i giovani, e non sacrificarli per nessun motivo, neanche per te stesso. Erano stati pronti a sacrificare una povera malata di mente ad una talonita, per non averne nulla in cambio tranne la speranza una divinità malvagia si muovesse a compassione. Illusi. Lui l'aveva fatto per salvare un compagno di fede, e ne avrebbe pagato le conseguenze. Nessun helmita ne lasciava indietro un altro, qualche che fosse il costo.
Ma cos'altro poteva fare? Le virtù facevano difetto in quella città, ed i vizi abbondavano. In qualche modo avrebbe dovuto conviverci, e fare penitenza per le proprie mancanze.
Peccato fosse l'unico sacerdote del Guardiano in quelle terre.
Eran Blackmore
"Come i bambini, bisogna minacciarli" - DM Artemis, 2022
"Come i bambini, bisogna minacciarli" - DM Artemis, 2022