02-10-2017, 14:25
E' un torrido pomeriggio assolato. La Perla del Deserto brulica di gente di ogni etnia ammassata nell'immensa piazza del mercato cittadino. Il vociare dei mercanti, il sudore degli schiavi, i profumi intensi delle spezie: tutto si mescola in un'atmosfera densa che annebbia la vista e ottenebra i sensi. Il caldo del deserto amplifica ogni sensazione e il sangue bollente sotto la pelle pulsa irrequieto nell'attesa della tregua della notte.
Sotto alcuni tendoni varipinti, nell'ombra dei portici, Dyane sta seduta sulle gradinate imbracciando un liuto di squisita fattura. Il legno è laccato di nero e alcune pennellate d'oro ornano il fianco dello strumento con arabeschi tipici della cultura calishita.
La mezzelfa però non suona, immobile come una statua dalle fattezze improbabili, il suo guardo ambrato dal taglio esotico rimane fisso verso la piazza, immerso nell'immenso turbine di folla che mai si placa.
"Non dovresti stare qui, questa mandria di mercanti senz'anima ti travolgerà senza neanche vederti."
Una figura femminile aggraziata e distinta si siede accanto alla meticcia, donandole una fugace carezza al volto, per poi puntare il proprio guardo nella stessa direzione indefinita.
La donna è avvolta in un prezioso abito scuro, attillato quanto basta per impreziosirne le forme senza risultare volgare. Il suo volto è pallido e leggermente spigoloso. C'è una qualche durezza che contrasta con una residua bellezza, ormai prossima a sfiorire verso l'età canuta.
"Lui è morto."
La voce della mezzelfa è atona e vacua, così distante da quella che ci si aspetterebbe fluire da graziose labbra abituate a deliziare i Vizir con sublimi canti.
Tutto il suo corpo, avvolto in veli leggeri e colorati che fanno risaltare il bronzo della pelle, pare abbandonato come un involucro svuotato d'ogni linfa vitale. Eppure il suo cuore pulsa, la sua pelle trasuda profumi speziati di sandalo e cannella, e il suo volto si sposta, volgendo lentamente in direzione del suolo.
"Non voglio sentirtelo dire mai più."
La voce della donna suona come un ammonimento, addolcito però da un tono materno e placido come acque scure d'un lago specchiante.
"Hai un dono Dyane. Trasforma le parole, vestile di nomi nuovi, mascherale con forme che solo tu puoi creare. Canta ciò che non puoi dire. Svela le ombre travestendole di luce."
Nel dire quelle parole la donna cinge con un braccio la mezzelfa attirandola a sè, accarezzandole i capelli dolcemente, come a volerla cullare e consolare.
Le unghie laccate di nero che si insinuano tra i capelli sottili della meticcia, e infine le sue labbra di un rosso acceso che poggiano un leggero bacio sulla sua testa: una strana figura materna, pietosa e inquietante al contempo.
"Verrò stanotte, ma sarà l'ultima danza. Domani mi unirò a quella carovana, come mi hai chiesto. So che non devo aver paura...ma ne ho."
Lentamente lo sguardo vacuo della mezzelfa pare riappropriarsi di tutta la sua umanità, incupendosi in una latente mestizia.
"Lascia che le tue piume crescano forti e belle, riflettendo la luce con la loro nera lucentezza. Io credo in te."
Per un attimo il piacevole senso di oblio di quella voce così convincente sembra sortire un'effetto magico sulla mezzelfa. Senza dire una sola parola in più si alza dalle gradinate e, voltando le spalle alla donna, sparisce inghiottita dalla folla di Calimport.
Quella sera, nel sollievo dell'aria più fresca della notte, la barda compone ciò che le è stato chiesto. Parole travestite, come maschere agghindate a festa, che danzano sul ciglio di una melodia sommessa.
♪♫♬ theme ♪♫♬
"Lascia che mi addentri nell’oscurità della mezzanotte.
Attraverso il canto d'un cuore girovago
il suo nome rivive in un tempo infinito.
Precipitando a fondo nell’ignoto,
ora egli non prova alcun dolore.
Lumi tenui brillano sul suo volto,
il giorno non esisterà ancora per molto.
In impenetrabili tonalità muta il suo aspetto.
Colori senza un nome, suoni senza volto.
Luna scarlatta, astro nero di mestizia.
Mentre sono alla ricerca della vita attraverso l’eternità,
il silenzio meditabondo mi intimorisce.
Una sola arcaica usanza in una veste senza tempo.
Segui la mia voce, tieni la via.
Sinfonia di colui che è per sempre smarrito."
Dyane Alfarham