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[Sturm Greif] Come Folgore dal cielo.
#24
XXIV

Mistledale.

Lo aveva capito ormai, di essere un cucciolo in mezzo ad un branco di predatori vissuti.
Le prove le riportava sul corpo, livido in più punti.
Nulla che non avesse già sperimentato su pelle: Ffolk era solito dirglielo sempre «Tu Sturm hai forza, tanta forza ma ti manca una cosa essenziale, la tecnica. Sei prevedibile. E chi è prevedibile è facile da raggirare. Sei grosso, jau, puoi resistere ma non all'infinito. Sai qual è la miglior difesa?»
«No, il muro di scudi?»
«No, no. L'attacco. Chi mena per primo, mena due volte!»

All'inizio Sturm non aveva capito ma dopo svariate risse da cui ne era uscito malconcio aveva compreso quel che volesse intendere Ffolk. Un'azione compiuta prima degli altri aveva un maggior effetto di una compiuta invece di riflesso, per reazione.
La sfilza di sconfitte andava sempre più dilungandosi.
Non una novità.

«Vuoi imparare?! Allora cadi e impara ad alzarti!» le parole di Berrion risuonavano frastornanti nelle orecchie. Rialzarsi. Sempre.
L'autostima e l'orgoglio giocavano un ruolo fondamentale: avesse ceduto alla depressione il baratro dell'alcolismo lo avrebbe atteso al varco, pronto per accoglierlo e farlo cadere, sempre più giù.
Si riteneva contento e fortunato di essere cresciuto a Ruathym. Lì si era formato non senza subire svariate batoste. Per un guerriero come lui era essenziale menare forte, sì, ma anche subire e rimanere in piedi.
Molti di coloro che ultimamente lo accompagnavano reagivano sempre in maniera esagerata alle ferite, ma il mondo reale era così alla fine e si poteva riassumere in una piccola regola di vita: le botte si danno, le botte si prendono.
Il tutto appunto, stava nel riuscire poi a resistere.

Non ricordava più quanti pugni, calci e manate avesse preso e da chi. Era tutto un oblio.
Suo padre.
Sua madre.
I suoi amici.
I suoi compagni d'arme.
Le sue compagne.
Rasten.
Denim.
Persino lo smilzo Finn, così rachitico e dall'aspetto floscio.
Tapper, che insieme a Ffolk e a Jarl Froston era stato uno dei peggiori.
E poi tanti altri.

«Quel che non uccide, fortifica. Le ossa torneranno più forti di prima. I muscoli, bè, quelli dovrai lavorarci su anche se non mi pari messo male in quel senso eh?» Erlend dispensava perle di saggezza. Ma anche lui era nella lista dei vincenti. Ed era stato l'unico a stenderlo con un sol colpo ben mirato.

Gli ultimi ad inserirsi con una certa facilità nella lista erano stati Fjolnir e poi Aslaug, in questo preciso ordine.
Sturm lo ammetteva a se stesso, aveva peccato di superbia: era convintissimo di far meglio, di rivelarsi una sorpresa che non si aspettavano.
Vani sogni illusori.
La dura realtà fu un'altra.
I due si vedeva viaggiassero da tanto tempo insieme, le tecniche seppur dissimili un pò richiamavano qualcosa dell'altro. Come per le schivate: erano riusciti entrambi ad eludere la presa di Sturm, chi scartando semplicemente di lato, chi sgusciandogli da sotto le grosse braccia.
Poi erano arrivate le percosse: forti, precise e veloci.
Lo avevano pestato come una zampogna, se qualcuno gli avesse camminato sopra avrebbe sicuramente potuto spremergli il colpo per farne uscire un pò di polpa.
Si sentiva esattamente come l'uva in tempo di vendemmia.

Fjolnir si era scatenato in una raffica di colpi, deciso e concentrato. Aveva confermato le aspettative di Sturm, forse anche troppo. In lui risiedeva il tipico animo del guerriero semplice e spontaneo. Combatteva se doveva o se gli interessava farlo, per il resto pareva voler condurre una vita pacata, se si escludevano i fumanti colpi di rabbia che lo accendevano.

Aslaug se possibile era stata più strafottente. Con tutto che fosse ancora ferita per dei precedenti scontri aveva sfidato Sturm che senza pensarci due volte l'aveva accolta.
Il risultato fu il medesimo che per Fjolnir, soltanto con più velocità.
L'ultimo colpo in particolare gli aveva quasi spaccato la mascella. Sturm la sentì scrocchiare pericolosamente e quasi istantaneamente un forte bruciore andò a conficcarsi violentemente come una lancia fino al cervello.

Due sonore sconfitte, come se nulla fosse passato lungo il cammino di quei due ruathen. Era stata una semplice foglia che Fjolnir e Aslaug avevano calpestato procedendo sul loro sentiero.

La rabbia per la sconfitta c'era, quella non mancava mai. Il rodimento alimentava sempre più l'animo impetuoso.
E forse qualcosa, pensieri mai tratti prima, stava prendendo forma.
L'oscura consapevolezza di dover far qualcosa, qualsiasi cosa: sarebbe stato disposto a far di tutto pur di migliorarsi.

Ora risiedeva nella sua camera di locanda, seduto a terra poggiato con l'ampia schiena al bordo del letto, la testa piegata all'indietro.
Aveva sborsato non ricordava neanche lui quanto per acquistare dei grossi pezzi di carne fresca da applicare sul corpo livido.
L'oste l'aveva ridestato nelle terme, dove si era appisolato scompostamente, appeso al bordo della vasca, ancora stordito e affranto fisicamente per le lezioni subite.
«Ehi! Ehi! Dannazione! Svegliati!» gli aveva tirato su con insistenza il grosso braccio.
«La....
do...
ve...
te..!
Pian...
ta...
re..!
Di..! 
Com..
bat...
te...
re...
QUI!»
Per ogni sillaba era corrisposto uno schiaffo dietro il capo ciondolante di Sturm. Ma alla fine, seppur a fatica, riuscì ad alzarsi e a tornare barcollante nella propria stanza, ignudo, con la propria roba arraffata alla bell'e meglio tra le grosse braccia.

Unica amara e mera consolazione? Avevano combattuto completamente nudi.
E Sturm s'era distratto un poco. Non per Fjolnir ovviamente.
Ma per la Baciata dal Fuoco.

Rise infine, isterico, sommessamente.
Rise, sì.
Per non piangere.
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RE: [Sturm Greif] Come Folgore dal cielo. - da cotoletta - 11-10-2017, 12:44

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