12-10-2017, 15:24
XXV
Mistledale.
Sturm non si considerava un uomo, un ragazzo, dall'animo buono e gentile, men che meno un illmaterita. L'altruismo per lui aveva uno strano significato che affossava nell'opportunismo: c'era da mostrarlo solo per quelle persone che reputava degne o utili, che potessero contribuire alla sua causa in qualche maniera, o che potessero rivelarsi ottimi alleati.
Non era certo tipo da porgere la mano a chi che sia, anzi, la sua indole da ruathen gli imponeva di lasciare i deboli alla mercè della vita: avessero trovato la forza si sarebbero rialzati per affrontare di petto il loro destino.
Un continentale lo aveva definito un ragazzone dallo spiccato spirito di cameratismo. Ovviamente Sturm dovette farsi spiegare cosa volesse dire e solo dopo potè concordare: non c'era legame migliore e ferreo di coloro che combattono fianco a fianco, a lungo, per una causa comune.
Sturm aveva combattuto a fianco di molti uomini e donne. Di nani, e persino alfar. Mezzelfi e addirittura mezzidrow. Ma non con tutti aveva sviluppato un legame tale da spingerlo a fare di più, a sacrificarsi, per proteggere la vita dei propri compagni.
Il più delle volte si trattava solo di cinico opportunismo o brutale istinto di sopravvivenza: se fosse caduto il fianco, durante una battaglia, sarebbero stati aggirati e fiancheggiati; se fossero caduti in troppi il numero esiguo avrebbe permesso al nemico di circondarli.
Le situazioni estreme tiravano fuori il lato peggiore dell'uomo, o di qualsiasi altro essere vivente: e questo a Sturm non dispiaceva, anzi piaceva alquanto.
Nel gruppo a cui si era ancorato vigeva la stessa situazione presente durante i suoi viaggi nel continente. Con alcuni, almeno da parte sua, sentiva di avere o di star formando un forte legame. Nonostante gli attriti e altri vari asti c'era del cameratismo che quasi si poteva percepire al tatto.
Sturm lo vedeva nei gesti, nelle parole e nelle attenzioni.
Sicuramente tra alcuni di loro c'era un più piacevole affiatamento ma l'intesa generale andava sempre crescendo.
Soprattutto in uno specifico caso che aveva completamente disorientato Sturm.
Senza accorgersene s'era ritrovato a compiere un favore per un membro di quel gruppo. Un favore che aveva mascherato per una propria necessità personale.
Il tutto era scaturito da una maliziosa curiosità che era poi mutata in una presa di coscienza nettamente più reale, che aveva toccato Sturm nel profondo.
Capiva il disagio di quella persona poichè anche lui provava ancora una cosa simile su pelle, ogni tanto nella notte, che lo ridestava di soprassalto spingendolo a boccheggiare in cerca d'aria.
Aveva avanzato una proposta. Il rifiuto che ne seguì non aveva scalfito Sturm più di tanto, era abituato a tante cose negative, ma la sua cocciutaggine l'aveva portato comunque a compiere un gesto di cui più in là si sarebbe meravigliato.
Altruismo?
Cameratismo. Se lo ripeteva spesso, come a convincersene.
Si trattava di un membro del gruppo che andava sempre più affermandosi per le sue doti, sia in territorio ostile che in quello diplomatico, tra di loro. Una sorta di paciere.
La fitta brina, gelida, che cala placida sulle fiamme ardenti, soffocandole ed infine estinguerle.
Ormai era un dato di fatto che le sue parole avessero un peso non indifferente, prove concrete e strabilianti ne erano la testimonianza.
Era essenziale che una persona del genere avesse una mente libera e che potesse soprattutto riposare come si deve. Stanca e distratta non avrebbe portato altro che intoppi all'intero gruppo.
Contro ogni aspettativa, che per Sturm era andata ormai persa, il ragazzone ruathen si era ritrovato a condividere la stanza in locanda. Quello di troppo ovviamente era lui.
Aveva preparato un giaciglio sul pavimento legnoso, rispettando quanto aveva proposto in precedenza giorni prima.
«Non fare fesserie. Dormi sul letto anche tu, è abbastanza grande da poter far entrare entrambi, senza stare uno sopra l'altro»
Lo sguardo di Sturm fu evidentemente troppo esplicito poichè venne richiamato all'attenzione.
«Sturm, senza stare uno sopra l'altro». Il ragazzone borbottò ma già che non gli toccava più dormire a terra era qualcosa.
Il bicchiere con la tisana era stato completamente svuotato. Sturm, come colei che era con lui, non nutriva chissà quante speranze ma sarebbe stato ad osservare la reazione di lei.
Si addormentarono sul letto, tutti e due, uno di fianco a l'altro, ma separati.
Sturm era disteso in tutta la sua lunghezza con indosso un completo molto blando, di lana, senza maniche. Aveva le braccia piegate, le manone congiunte dietro la testa, e le gambe incrociate all'altezza delle caviglie.
Per un attimo fu tentato da quella curiosità che lo aveva acceso fin dall'inizio ma poi scosse leggermente il capo.
I pensieri andarono al planetario.
Era stata lei a mostrarglielo dopo che era stata condotta lì da Renfri.
Chissà perchè pensava che sarebbe piaciuto a Sturm?
Chissà perchè aveva preso la decisione di mostrargli quel posto così fantastico?
Sturm ci si era perso completamente, tornando quel bambino dagli occhi stralunati e la bocca spalancata mentre ascoltava le leggendarie storie dei più grandi combattenti ruathen.
Stava guardando l'immensità che li circondava, che circondava tutto Faerun. Come era possibile? Chi era l'uomo che era riuscito a salire fino al cielo per poi scovare ogni angolo di quello spazio infinito e a ricrearlo in scala?
La casa degli Æsir.
C'era la pallida Selune seguita dalla sua fitta schiera di lacrime. E più in là la Luna Nera, sua sorella. Sturm ipotizzò potesse essere la dimora della Morrighan. Sembrava adatta.
E poi le stelle e altri miriadi di astri, sospesi nell'aria, fluttuando.
Si era sentito tutto un fremito e quindi aveva deciso di togliersi un sasso dallo stivale.
Romantico l'aveva definito.
Ma quando mai? Uno come lui era tutto fuorchè romantico. Poteva esserlo certo, ma non lo era in quel momento. I continentali erano complicati e anche facili alla confusione.
Evitò di smontarle l'impressione che aveva avuto di lui per un semplice commento degli occhi.
Evitò di dirle quanto poco romantica fosse la scena che aveva in testa: armatura e abiti sparsi a terra mentre due corpi nudi andavano intrecciandosi, invasati, tra loro, circondati dall'intero astro magico ricostruito con estrema fedeltà.
Sarebbe stato un amplesso letteralmente spaziale.
Ma Sturm evitò di esporle quanto la sua mente perversa aveva partorito.
Era da considerarsi proprio un ammasso di muscoli e testosterone col dono della parola. Dyane l'avrebbe descritto così, ne era sicuro.
Dovevano essere trascorse delle ore quando Sturm si accorse che la vicina di letto stava agitandosi nel sonno.
La tisana aveva avuto poco effetto, serviva qualcosa di più potente e duraturo.
La osservò un pò agitarsi non perchè potesse godersi lo spettacolo ma perchè era indeciso sul da farsi.
Doveva svegliarla? Era meglio farle preparare un'altra tisana con quelle erbe?
Quanto odiava quelle situazioni di incredibile indecisione, lui che faceva della propria risolutezza uno dei suoi punti forza maggiori.
Sospirò indugiando sulla testa della ragazza.
Capii e il ricordo del tocco della sua mano sulla propria tornò più vivido che mai.
Era una situazione che per altri sarebbe stata semplicissima, ma per Sturm era un vero e proprio enigma, un azzardo.
Tuttavia giunse comunque ad una decisione.
Al mattino era sicuro che lei avrebbe fatto storie, infuriandosi. Valeva la pena tentare.
Era rannicchiata, tremante, l'espressione corrucciata e sofferente.
Decise di tentare di darle conforto nell'unico modo che gli era possibile fare.
La cinse con fermezza, con le proprie braccione, circondandole le spalle, accostandosi a lei.
Sturm ne inalò la fragranza di menta ed eucalipto che tanto la contraddistingueva.
Premeva nel suo abbraccio di marziale conforto, come si fa per un compagno in preda al pianto più scrosciante o all'incubo più peggiore.
Rimase sveglio per tutto il resto della notte, fino all'alba.
Stupido sciocchino romantico altruista.
«Solo cameratismo».