13-10-2017, 15:50
Sturm si ritrovò a riflettere: qual'era il momento in cui era iniziato il tutto? Quale era stata la miccia che aveva scatenato quel susseguirsi di eventi?
Pensò.
Doveva avere tredici o quattordici inverni.
Era primavera.
In quei giorni si era accostato alla famiglia di Ronfalr il Guaritore, così chiamato per le sue spiccate doti erboristiche e curatrici. Non che gli altri del villaggio non fossero capaci a medicarsi ma se volevano rassicurazioni ed una medicazione efficiente Ronfalr era l'uomo giusto per quell'esigenza.
Sturm divideva il soggiorno con il Guaritore ed il resto della sua famiglia: la moglie, una cacciatrice, e i loro due figli, Danson e Herbroth, più grandi di Sturm.
Veniva affidato a loro ogni qualvolta Berrion e Jaeth si aggregavano ad una grande razzia. Non partecipavano a tutte ma solo a quelle che potevano garantirgli un margine maggiore di bottino da riportare a casa.
Mesi prima il grande Berrion, affiancato dalla slanciata Jaeth, e seguito dal suo manipolo di razziatori di vecchia data, era partito per la volta della città di Ruathym per imbarcarsi e puntare alle coste dell'estremo sud, nel Calimshan. Un viaggio lungo che avrebbe richiesto moltissimo tempo.
Sturm era abituato alla lontananza dai suoi genitori, il timoroso pensiero che non potessero tornare a casa non lo aveva sfiorato neanche una volta, si trattava sempre di Berrion Greif e di sua moglie Jaeth Fischio di Sangue: poteva un uomo capace come suo padre, che aveva ucciso da solo un grifone - e alcuni dicevano addirittura a mani nude -, perire per mano di un altro uomo? Impossibile.
Poteva sua madre, arciera formidabile e cacciatrice indiscussa, farsi cogliere impreparata? Impossibile.
Nello sperduto e anonimo villaggio di montagna i genitori di Sturm erano ben considerati e stimati ma non per questo mancava il disprezzo. Vecchie crepe avevano tenute accese le braci bollenti di chi provava risentimenti nei loro confronti. Soprattutto tra quelli che in passato erano stati i contendenti di Jaeth e che erano stati messi da parte per quell'omaccione che era Berrion, tornato nel villaggio dopo un'ordalia personale - o almeno così dicevano i racconti - trascinandosi dietro il cadavere del grifone che gli avrebbe poi garantito l'epiteto di Greif, il Grifone.
Un dente marcio mai curato quello. I dissapori erano ancora forti e molti, più di una volta, avevano tentato di abbattere con il sotterfugio l'indomito Berrion. Le sfide aperte erano state tutte un fallimento, Greif, ne era sempre uscito vincitore senza mai prorompere in esultanze fuori luogo. Per lui, quegli scontri non erano altro che inutili scaramucce a cui era costretto partecipare. Sorbiva tutto con una tacita determinazione, concentrato sul momento.
In fin dei conti Berrion era prima di tutto un taglialegna: schivo e burbero, taciturno, forte e deciso. In Jaeth aveva trovato l'esatto opposto che sembrava completarlo. In realtà si completavano entrambi a vicenda.
Tra tutti i rivali del villaggio spiccava Rhokka, il violento fabbro del posto.
Anche lui vantava una miriade di importanti trascorsi, tra tutte le sue storie veniva spesso a ripetersi quella nel quale era riuscito a massacrare un gruppo di dieci uomini senza riportare un graffio.
Rhokka era stato sconfitto da Berrion, ben due volte, ma aveva una cocciutaggine pericolosa che lo aveva portato a non demordere nei suoi intenti. Era in vantaggio tra tutti i contendenti di Jaeth, e desiderava quest'ultima con smania febbrile. Nonostante potesse vantare una vasta schiera di donne schiave, bottini di passate razzie, Rhokka era fissato con la bionda Jaeth. Ed era disposto a tutto pur di vendicarsi degli affronti subiti dal Greif e di accaparrarsi finalmente la sua preda prediletta.
Quella situazione aveva portato Sturm nelle mire di Rhokka: molte volte con la scusa delle risse o dell'addestramento al combattimento tra la neve lo aveva percosso selvaggiamente.
Ne era scaturita poi tutta una piccola guerra tra fazioni, con i sostenitori di Rhokka da una parte e i sostenitori di Berrion dall'altra. Di nuovo Rhokka dovette fare i conti con un'altra lunga serie di sconfitte che tuttavia non gli fecero perdere seguito. L'essere famoso per un ruathen è un'arma a doppio taglio.
Se da una parte la fama ti precedeva, osannando gloriose azioni di guerra e garantendo un rispetto incondizionato, dall'altra alimentava comunque un senso di rivalsa negli altri ruathen più ambiziosi, che ricercavano una gloria più oscura e fratricida: quanta gloria potevano ottenere sconfiggendo un grande eroe? Decisamente molta.
E Rhokka puntava proprio a quello. E al totale sterminio della discendenza del Greif.
Quel giorno Sturm insieme ai due figli del Guaritore aveva appena terminato di sistemare le ultime sacche di fagioli. Ne avevano ammassato una vera montagna che gli avevano portato via l'intera mattinata. Aveva la schiena a pezzi.
Mentre i tre si rifocillavano, parlando del più e del meno, lanciandosi battute sconce e descrivendo le esperienze con le ragazze del villaggio sopraggiunse un uomo in tenuta d'arme.
Era ricoperto di molti strati di pelliccia, teneva la testa china. In una mano tratteneva un'ascia dal filo intaccato, nell'altra l'elmo tribale tipico del loro villaggio.
I lunghi capelli e la folta barba rossi lo caratterizzavano molto e Sturm non fece fatica a riconoscerlo: era Rost Chioma Cremisi, stretto amico e compagno d'arme di Berrion, nonchè padre della ragazza con cui Sturm ultimamente aveva gettato le basi per una duratura e passionale relazione.
«Lasciateci soli» esordì, verso Danson e Herbroth. I due eseguirono senza esitare, non era saggio contraddire il volere di un rispettabile razziatore.
Sturm intese ed ingoiò cercando di ostacolare la formazione di un groppo fastidioso alla gola.
In men che non si dica l'allegra e spensierata atmosfera di lavoro era mutata in una gelida ed amara attesa.
Rost gli si inginocchio davanti, scrutandolo con i suoi intensi e scuri occhi verdi.
«Tuo padre e tua madre, Sturm» Sturm poteva notare la grande incredulità negli occhi di Rost, l'amarezza e il dolore di una grande perdita represso a fatica. «Berrion e Jaeth» Non riusciva a dire altro, non trovava le parole. Nel vedere il volto di Sturm rivedeva entrambi.
«Durante il ritorno, ci ha colti una tempesta. La loro drakkar era tra quelle mancanti, quando siamo riusciti a ricongiungersi».
Poteva un essere vivente uccidere i suoi genitori? No, certo che no, impossibile.
Ci aveva pensato la natura. Gli Æsir avevano riscosso un ricco dazio.
In quello stesso istante, quando Sturm riuscì ad assorbire ogni singolo suono di quella frase. Quando il cuore si contrasse in una morsa dolorosa. Come fosse già tutto preparato come in una recita teatrale, apparve la grossa figura barbuta di Rhokka che passava di lì, ad assestare l'ultimo colpo di grazia morale.
Lo sguardo acceso e trionfante. Una luce omicida negli occhi.
E Sturm comprese.
Comprese che era solo. E che gli erano stati dati gli strumenti per forgiare il suo destino.
Pensò.
Doveva avere tredici o quattordici inverni.
Era primavera.
In quei giorni si era accostato alla famiglia di Ronfalr il Guaritore, così chiamato per le sue spiccate doti erboristiche e curatrici. Non che gli altri del villaggio non fossero capaci a medicarsi ma se volevano rassicurazioni ed una medicazione efficiente Ronfalr era l'uomo giusto per quell'esigenza.
Sturm divideva il soggiorno con il Guaritore ed il resto della sua famiglia: la moglie, una cacciatrice, e i loro due figli, Danson e Herbroth, più grandi di Sturm.
Veniva affidato a loro ogni qualvolta Berrion e Jaeth si aggregavano ad una grande razzia. Non partecipavano a tutte ma solo a quelle che potevano garantirgli un margine maggiore di bottino da riportare a casa.
Mesi prima il grande Berrion, affiancato dalla slanciata Jaeth, e seguito dal suo manipolo di razziatori di vecchia data, era partito per la volta della città di Ruathym per imbarcarsi e puntare alle coste dell'estremo sud, nel Calimshan. Un viaggio lungo che avrebbe richiesto moltissimo tempo.
Sturm era abituato alla lontananza dai suoi genitori, il timoroso pensiero che non potessero tornare a casa non lo aveva sfiorato neanche una volta, si trattava sempre di Berrion Greif e di sua moglie Jaeth Fischio di Sangue: poteva un uomo capace come suo padre, che aveva ucciso da solo un grifone - e alcuni dicevano addirittura a mani nude -, perire per mano di un altro uomo? Impossibile.
Poteva sua madre, arciera formidabile e cacciatrice indiscussa, farsi cogliere impreparata? Impossibile.
Nello sperduto e anonimo villaggio di montagna i genitori di Sturm erano ben considerati e stimati ma non per questo mancava il disprezzo. Vecchie crepe avevano tenute accese le braci bollenti di chi provava risentimenti nei loro confronti. Soprattutto tra quelli che in passato erano stati i contendenti di Jaeth e che erano stati messi da parte per quell'omaccione che era Berrion, tornato nel villaggio dopo un'ordalia personale - o almeno così dicevano i racconti - trascinandosi dietro il cadavere del grifone che gli avrebbe poi garantito l'epiteto di Greif, il Grifone.
Un dente marcio mai curato quello. I dissapori erano ancora forti e molti, più di una volta, avevano tentato di abbattere con il sotterfugio l'indomito Berrion. Le sfide aperte erano state tutte un fallimento, Greif, ne era sempre uscito vincitore senza mai prorompere in esultanze fuori luogo. Per lui, quegli scontri non erano altro che inutili scaramucce a cui era costretto partecipare. Sorbiva tutto con una tacita determinazione, concentrato sul momento.
In fin dei conti Berrion era prima di tutto un taglialegna: schivo e burbero, taciturno, forte e deciso. In Jaeth aveva trovato l'esatto opposto che sembrava completarlo. In realtà si completavano entrambi a vicenda.
Tra tutti i rivali del villaggio spiccava Rhokka, il violento fabbro del posto.
Anche lui vantava una miriade di importanti trascorsi, tra tutte le sue storie veniva spesso a ripetersi quella nel quale era riuscito a massacrare un gruppo di dieci uomini senza riportare un graffio.
Rhokka era stato sconfitto da Berrion, ben due volte, ma aveva una cocciutaggine pericolosa che lo aveva portato a non demordere nei suoi intenti. Era in vantaggio tra tutti i contendenti di Jaeth, e desiderava quest'ultima con smania febbrile. Nonostante potesse vantare una vasta schiera di donne schiave, bottini di passate razzie, Rhokka era fissato con la bionda Jaeth. Ed era disposto a tutto pur di vendicarsi degli affronti subiti dal Greif e di accaparrarsi finalmente la sua preda prediletta.
Quella situazione aveva portato Sturm nelle mire di Rhokka: molte volte con la scusa delle risse o dell'addestramento al combattimento tra la neve lo aveva percosso selvaggiamente.
Ne era scaturita poi tutta una piccola guerra tra fazioni, con i sostenitori di Rhokka da una parte e i sostenitori di Berrion dall'altra. Di nuovo Rhokka dovette fare i conti con un'altra lunga serie di sconfitte che tuttavia non gli fecero perdere seguito. L'essere famoso per un ruathen è un'arma a doppio taglio.
Se da una parte la fama ti precedeva, osannando gloriose azioni di guerra e garantendo un rispetto incondizionato, dall'altra alimentava comunque un senso di rivalsa negli altri ruathen più ambiziosi, che ricercavano una gloria più oscura e fratricida: quanta gloria potevano ottenere sconfiggendo un grande eroe? Decisamente molta.
E Rhokka puntava proprio a quello. E al totale sterminio della discendenza del Greif.
Quel giorno Sturm insieme ai due figli del Guaritore aveva appena terminato di sistemare le ultime sacche di fagioli. Ne avevano ammassato una vera montagna che gli avevano portato via l'intera mattinata. Aveva la schiena a pezzi.
Mentre i tre si rifocillavano, parlando del più e del meno, lanciandosi battute sconce e descrivendo le esperienze con le ragazze del villaggio sopraggiunse un uomo in tenuta d'arme.
Era ricoperto di molti strati di pelliccia, teneva la testa china. In una mano tratteneva un'ascia dal filo intaccato, nell'altra l'elmo tribale tipico del loro villaggio.
I lunghi capelli e la folta barba rossi lo caratterizzavano molto e Sturm non fece fatica a riconoscerlo: era Rost Chioma Cremisi, stretto amico e compagno d'arme di Berrion, nonchè padre della ragazza con cui Sturm ultimamente aveva gettato le basi per una duratura e passionale relazione.
«Lasciateci soli» esordì, verso Danson e Herbroth. I due eseguirono senza esitare, non era saggio contraddire il volere di un rispettabile razziatore.
Sturm intese ed ingoiò cercando di ostacolare la formazione di un groppo fastidioso alla gola.
In men che non si dica l'allegra e spensierata atmosfera di lavoro era mutata in una gelida ed amara attesa.
Rost gli si inginocchio davanti, scrutandolo con i suoi intensi e scuri occhi verdi.
«Tuo padre e tua madre, Sturm» Sturm poteva notare la grande incredulità negli occhi di Rost, l'amarezza e il dolore di una grande perdita represso a fatica. «Berrion e Jaeth» Non riusciva a dire altro, non trovava le parole. Nel vedere il volto di Sturm rivedeva entrambi.
«Durante il ritorno, ci ha colti una tempesta. La loro drakkar era tra quelle mancanti, quando siamo riusciti a ricongiungersi».
Poteva un essere vivente uccidere i suoi genitori? No, certo che no, impossibile.
Ci aveva pensato la natura. Gli Æsir avevano riscosso un ricco dazio.
In quello stesso istante, quando Sturm riuscì ad assorbire ogni singolo suono di quella frase. Quando il cuore si contrasse in una morsa dolorosa. Come fosse già tutto preparato come in una recita teatrale, apparve la grossa figura barbuta di Rhokka che passava di lì, ad assestare l'ultimo colpo di grazia morale.
Lo sguardo acceso e trionfante. Una luce omicida negli occhi.
E Sturm comprese.
Comprese che era solo. E che gli erano stati dati gli strumenti per forgiare il suo destino.