17-10-2017, 14:40
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 17-10-2017, 14:41 da Owl.)
Peldan's Helm - Oggi
L’ombra vasta della sera, lenta e nebbiosa, avvolge il paese avanzando tra i vicoli meno affollati. I lumi si accendono e vibrano debolmente ai lati delle strade aumentando le ombre che danzano sul terreno consunto dal via vai della giornata.
Saluto distrattamente il mercante intento a chiudere con diversi lucchetti il portone dell'emporio e continuo a camminare infilandomi in una via secondaria. E' così silenziosa Peldan's Helm dopo il tramonto, l'aria è pregna degli odori che la terra trasuda, gli anonimi profili delle case creano un mosaico tutto uguale, e il fumo dei camini si staglia contro un cielo sempre più colmo di stelle.
Scorro lo sguardo su quest’infinita scena di inutili comparse che è la vita, e mi lascio cadere su una panchina fredda e vuota, abbandonando il peso e la stanchezza del corpo.
~ Poco siamo, poco ci basta. Il mondo toglie ciò che ci dà. ~
La notte succede la sera, venendo come nulla, ricordandomi chi ho cessato di essere. E la curva anonima della strada che ho davanti mi fa sembrare ogni cosa terribilmente insignificante.
La gente ha paura di così tante cose. Dell'ingnoto, degli spettri, degli assassini che strisciano agli angoli delle strade, di una filastrocca che parla di omicidi misteriosi.
Reclino il capo all'indietro a osservare le stelle e inizio a fischiettare un motivetto senza grandi pretese.
~ Quando il viandante canta nell'oscurità rinnega la propria apprensione, ma non per questo vede più chiaro. ~
La spalla mi duole leggermente. Un dolore sopportabile ma insistente, che mi ricorda quanto io sia diversa da loro. Non sono fatta per incontri ravvicinati con pelleverde, nè per sopravvivere dormendo sulla terra umida.
Eppure è una sfida che mi alletta e mi costringe ad essere una volta ancora una marionetta da riempire di intenti sempre diversi.
Finirò a bere birra e far rissa nelle più becere taverne se continuo a star con loro? Sorrido e scuoto la testa, tornando a osservare i lumi dietro le finestre al di là della strada.
Avrò le mie storie, ne sono certa. Così poche cose riescono ancora ad entusiasmarmi davvero.
Una donna con un copricapo grigio in testa si affaccia alla finestra per accendere altre candele nella notte. La danza della fiamma mi ipnotizza per qualche istante, mentre ripenso alla visione magnifica di quella genasi. Fuoco purificatore.
E quel fuoco scuro? Così uguale e così diverso.
"Sai cosa succede a soffiare sul fuoco?"
La sua voce nella mia testa urla ciò he le mie labbra rinnegano. E’ una voce d’insensatezza, di frenesia distruttiva, di lucida follia.
Ho bisogno di placare la sete, di smarrirmi in un dolce oblio soltanto per un po’, magari voglio un semplice diversivo. Forse, in fin dei conti, lo faccio per sentirmi più normale.
"Ormai siamo legati"
Tentenno, ma cerco di non darlo a vedere. Sono tentata e non so nemmeno da cosa. Mi avvicino per accarezzare qualcosa di reale, per percepirne il dolore: per una volta voglio sentirlo con la stessa evidenza con la quale posso toccare ciò che ho davanti.
Il mio è un mondo confuso, che esiste soltanto nel labile confine tra realtà ed illusione. Niente cambia, nulla si trasforma in profondità.
Soltanto la forma si plasma, tra gli sguardi e le cose, creando scenari in grado di influenzare le intenzioni con la loro effimera eppur potente “verità”.
E' un abisso di specchi infilati l’uno nell’altro, in un riflesso senza fine di cui non si può scorgere il fondo. Ma in quel fondo cammina in circoli la mia volontà.
Saluto distrattamente il mercante intento a chiudere con diversi lucchetti il portone dell'emporio e continuo a camminare infilandomi in una via secondaria. E' così silenziosa Peldan's Helm dopo il tramonto, l'aria è pregna degli odori che la terra trasuda, gli anonimi profili delle case creano un mosaico tutto uguale, e il fumo dei camini si staglia contro un cielo sempre più colmo di stelle.
Scorro lo sguardo su quest’infinita scena di inutili comparse che è la vita, e mi lascio cadere su una panchina fredda e vuota, abbandonando il peso e la stanchezza del corpo.
~ Poco siamo, poco ci basta. Il mondo toglie ciò che ci dà. ~
La notte succede la sera, venendo come nulla, ricordandomi chi ho cessato di essere. E la curva anonima della strada che ho davanti mi fa sembrare ogni cosa terribilmente insignificante.
La gente ha paura di così tante cose. Dell'ingnoto, degli spettri, degli assassini che strisciano agli angoli delle strade, di una filastrocca che parla di omicidi misteriosi.
Reclino il capo all'indietro a osservare le stelle e inizio a fischiettare un motivetto senza grandi pretese.
~ Quando il viandante canta nell'oscurità rinnega la propria apprensione, ma non per questo vede più chiaro. ~
La spalla mi duole leggermente. Un dolore sopportabile ma insistente, che mi ricorda quanto io sia diversa da loro. Non sono fatta per incontri ravvicinati con pelleverde, nè per sopravvivere dormendo sulla terra umida.
Eppure è una sfida che mi alletta e mi costringe ad essere una volta ancora una marionetta da riempire di intenti sempre diversi.
Finirò a bere birra e far rissa nelle più becere taverne se continuo a star con loro? Sorrido e scuoto la testa, tornando a osservare i lumi dietro le finestre al di là della strada.
Avrò le mie storie, ne sono certa. Così poche cose riescono ancora ad entusiasmarmi davvero.
Una donna con un copricapo grigio in testa si affaccia alla finestra per accendere altre candele nella notte. La danza della fiamma mi ipnotizza per qualche istante, mentre ripenso alla visione magnifica di quella genasi. Fuoco purificatore.
E quel fuoco scuro? Così uguale e così diverso.
"Sai cosa succede a soffiare sul fuoco?"
La sua voce nella mia testa urla ciò he le mie labbra rinnegano. E’ una voce d’insensatezza, di frenesia distruttiva, di lucida follia.
Ho bisogno di placare la sete, di smarrirmi in un dolce oblio soltanto per un po’, magari voglio un semplice diversivo. Forse, in fin dei conti, lo faccio per sentirmi più normale.
"Ormai siamo legati"
Tentenno, ma cerco di non darlo a vedere. Sono tentata e non so nemmeno da cosa. Mi avvicino per accarezzare qualcosa di reale, per percepirne il dolore: per una volta voglio sentirlo con la stessa evidenza con la quale posso toccare ciò che ho davanti.
Il mio è un mondo confuso, che esiste soltanto nel labile confine tra realtà ed illusione. Niente cambia, nulla si trasforma in profondità.
Soltanto la forma si plasma, tra gli sguardi e le cose, creando scenari in grado di influenzare le intenzioni con la loro effimera eppur potente “verità”.
E' un abisso di specchi infilati l’uno nell’altro, in un riflesso senza fine di cui non si può scorgere il fondo. Ma in quel fondo cammina in circoli la mia volontà.
* * *
Calimport – Anni prima
Dice che mi aiuterà, che sotto la sua guida tutto sarà più semplice.
Ma perdo il controllo e non riesco a calmare la mia mente. Deve sbrigarsi, non se ne rende conto. Non può capire.
E’ come una febbre che fruga in me riversando all’esterno tutte le esperienze che avevo ignorato. Sono seppellita dal peso del profondo liberato, e quando mi ordino di stivare di nuovo dentro ogni cosa, ordinatamente, tra le mie mani tutto cresce, si ingarbuglia, diventa eccessivo.
E’ come se non riuscissi più a chiudermi.
"Devi imparare ad attendere. Smetti di sperare che via sia un sollievo, un lieto fine, una scelta risolutrice. Prima lo capirai e prima starai meglio."
Guardo il suo viso come se lo vedessi per la prima volta.
E’ strano come le ombre sui muri a volte proiettino sagome che non avevi previsto.
Esco sbattendo la porta e maledico il giorno in cui l'ho incontrata. So perfettamente che domani mi punirà per questa stupida impertinenza. Mi importa?
"Ormai siamo legati"
Ma perdo il controllo e non riesco a calmare la mia mente. Deve sbrigarsi, non se ne rende conto. Non può capire.
E’ come una febbre che fruga in me riversando all’esterno tutte le esperienze che avevo ignorato. Sono seppellita dal peso del profondo liberato, e quando mi ordino di stivare di nuovo dentro ogni cosa, ordinatamente, tra le mie mani tutto cresce, si ingarbuglia, diventa eccessivo.
E’ come se non riuscissi più a chiudermi.
"Devi imparare ad attendere. Smetti di sperare che via sia un sollievo, un lieto fine, una scelta risolutrice. Prima lo capirai e prima starai meglio."
Guardo il suo viso come se lo vedessi per la prima volta.
E’ strano come le ombre sui muri a volte proiettino sagome che non avevi previsto.
Esco sbattendo la porta e maledico il giorno in cui l'ho incontrata. So perfettamente che domani mi punirà per questa stupida impertinenza. Mi importa?
"Ormai siamo legati"
Dyane Alfarham