01-11-2017, 20:24
XXXI
Il gioco era iniziato.
Una semplice domanda, innocua, ma che nascondeva il chiaro intento di far emergere il mostro che si cela sotto le spoglie di ogni essere vivente.
Eppure il suono di quella voce era vellutato, allettante.
Sturm volle giocare, e a carte quasi del tutto scoperte.
«Cosa ci ha resi felici nella nostra misera esistenza?»
Sturm stava per rispondere d'impulso, che non c'era stato alcunchè che l'avesse reso felice. Ma sarebbe stata una risposta falsa, data dall'impeto di una rabbia che gli ardeva nell'animo.
Riflettendoci trovò più di una cosa che lo aveva reso veramente felice in quella che s'era dimostrata fino ad allora una vera e propria esistenza misera, degna di un raugh ruathen.
Gli tornò in mente quella volta in cui percepì il basso ventre in subbuglio, come mai aveva sentito.
Il cuore che pompava all'impazzata iniettando sangue ad una pressione così elevata che le orecchie avevano preso a fischiargli.
Il tempo sembrava essersi rallentato.
Il corpo era pervaso di un piacere estasiante, bruciandogli le carni interne, arrossandogli le gote e dilatando le pupille.
Il fiato si era fatto più corto e pesante man mano che il tempo trascorreva.
Davanti a lui un altro paio d'occhi, color della nocciola. Sbarrati. Sorpresi.
La bocca schiusa.
Alito caldo che si mischiava ad altro alito caldo.
I volti vicini, i nasi a sfiorarsi in quell'unione così impensabile.
I corpi vicini, intrecciati tra loro, scossi tra fremiti spasmodici.
La sua Prima Volta.
Ecco cosa più l'aveva reso felice.
La sua prima vittima.
Ricordava ancora il sangue caldo colargli sulla grossa mano che impugnava la spada lunga, infilzata nello stomaco contratto dell'uomo di mezz'età che aveva di fronte, bianco e tremante.
Vestiva una livrea blu con al centro del petto ricamata una grossa moneta d'oro a rappresentazione di una fede a quell'epoca ancora sconosciuta a Sturm.
La livrea s'era macchiata, annerita dal sangue denso che fuoriusciva dal colpo inflitto che ancora indugiava nel bel mezzo dello stomaco.
Sturm vide la vita negli occhi castani che lo fissavano svanire gradualmente. Il fiato dell'uomo farsi sempre più flebile, il corpo più rigido e pesante.
Sturm capì di avere nelle mani la possibilità, il potere, di dare morte.
E quella consapevolezza lo spaventò piacevolmente poichè mai avrebbe pensato di poter godere così tanto della morte di qualcuno, di un perfetto sconosciuto, di un padre di famiglia, di un figlio suo coetaneo, di un possibile fratello.
Il tempo sembrava essersi fermato completamente e Sturm potè scorgere ogni imperfezione di quell'uomo che doveva aver lavorato sodo per arrivare fin lì. Seguì con lo sguardo ogni ruga, ogni piega, potendo quasi leggere tutto il passato di quel suo sconosciuto nemico, divenuto preda e poi vittima.
La voce di Berrion, che già era venuto a mancare da anni, riecheggiò nella sua testa. Le parole richiamarono altri ricordi.
Berrion era tornato da una razzia riportando con sè diverse ricchezze e uno stuolo di prigionieri: un paio di donne avvenenti, e almeno una decina di uomini robusti. Tra di loro però spiccava la figura di un giovane dalla faccia sfigurata dal dolore e la sofferenza.
Sturm non si spiegava il perchè Berrion avesse perso tempo e denaro per accaparrarsi un individuo del genere. Solo successivamente comprese le sue intenzioni.
All'esterno, nello spiazzo che precedeva la loro casupola Berrion attendeva Sturm. Era accompagnato da un paio dei suoi più fidati compagni di razzia che trattenevano tra le braccia robuste il giovane emaciato.
«Vieni Sturm. Osserva attentamente e rammenta sempre»
Di tanto in tanto Berrion gli impartiva lezioni pratiche di combattimento, dalla tecnica al modo di pensare, ai sentimenti che si impossessavano dell'uomo durante una battaglia, o durante un'uccisione.
Quel giorno la lezione era incentrata sull'uso della spada lunga, su affondi e fendenti, e Berrion aveva deciso di cominciare con una dimostrazione pratica e brutalmente reale.
Il giovane emaciato dovette intuire facilmente cosa gli sarebbe spettato da lì a poco e con sempre più terrore negli occhi cominciò a contorcersi nel vano tentativo di liberarsi dalla morsa dei due ruathen che lo tenevano fermo.
Implorò di paura, piangendo e bagnando di umori flatulenti le brache.
Sturm storse la bocca a quella prima dimostrazione.
«Non farti mai impietosire dal tuo nemico Sturm, basta anche solo un attimo di esitazione perchè tu possa soccombere. E' necessario essere concentrati e colpire con fermezza, senza prendersi la libertà di sottovalutare il proprio avversario. Il nemico va puntato...» allungò il braccio che brandiva la spada, tendendolo e poggiando la punta dell'arma sul petto allenato del giovane emaciato «... e poi abbattuto come fosse un lupo famelico che vuole sbranarti. Senza ripensamenti!»
Con una movenza veloce fece scorrere la lama sull'addome del ragazzo, quindi con un uno strattone vigoroso piantò la spada. Il ragazzo si impietrì, gemendo lamentoso, ma non caracollò a terra, anche dopo che i due ruathen lo avevano rilasciato.
«Non serve pietà. Non devi mai averla. Non porti domande. Neanche quando il nemico rimane in piedi. Quello, incredibilmente, è il momento peggiore per un combattente: i dubbi ti assalgono, le domande ti tempestano la mente. Chi è questo? Perchè devo combatterlo? Ha una famiglia? Magari è un amico che non riconosco? Sgombera tutto Sturm. Quando il tuo nemico rimane in piedi, colpisci ancor più forte. Gira la lama e sfilala. I muscoli serrati della tua vittima ti saranno di ostacolo. Braccio e presa fermi, più che mai. Insensibilità».
A dar credibilità alla proprie parole Berrion ruotò la lama nell'addome del ragazzo ed estrasse l'arma. Il tutto con velocità e risolutezza. Solo allora il povero emaciato crollò a terra, tra sangue ed escrementi.
Sturm infilzò ancor di più la lama strappando un ulteriore sordo gemito all'uomo. La rigirò e con uno strattone sfilò la spada dal corpo, spintonandolo via con il piede.
In piedi, ansimante, madido di sudore, osservò il corpo senza vita dell'uomo steso a terra.
Perchè diamine era così eccitato da quella visione?
Aveva sentito da molti combattenti che i volti di coloro che si uccidevano rimanevano impressi nella mente, spesso strappando notti insonne.
Per lui invece non fu così. Aveva compreso di aver trovato il suo posto: combattere e uccidere.
Quella stessa sera, di ritorno dalla razzia, Sturm dovette sfogare i suoi istinti con birra e il desiderio della carne, pagando con la moneta di Waukeen che aveva rivenuto sul cadavere dell'uomo.
Quanto era stato estasiante! Quasi quanto l'aver perso la verginità.
La sua Prima Volta.