20-12-2017, 21:52
... I ricordi dell'Anauroch svanirono sabbiosi come lo era il suo paesaggio.
Con profondi respiri Sturm riprese a badare alla propria attrezzatura, tra un'abbondante sorsata di birra di Glen e ampie portate di carne di cinghiale che si era procacciato e che aveva cotto su delle pietre bollenti.
In quel momento era occupato a lustrare con decisione il proprio spadone, a limarne il filo della lama, a cospargere di grasso sia la guardia che l'impugnatura.
Sedeva su di un ceppo su cui aveva lasciato piantata la sua ascia da boscaiolo. Quell'oggetto gli ricordava costantemente le sue origini, ciò da cui aveva iniziato.
Indossava la sua solita blusa di cotone chiaro, priva di maniche. Sulla schiena un'ampia macchia di sudore che disegnava un ovale completamente zuppo.
Teneva la testa china. Lo sguardo gelido, concentrato, seguiva il movimento della manona che tratteneva la cote, facendola scorrere sulla superficie magica e metallica della lama della sua grossa arma.
Lo spadone era poggiato per orizzontale sulle grosse gambe, l'altra manona, con decisione, teneva ferma per la guardia l'arma su una delle cosce.
Sturm limava il piatto della lama con la cote ed alternava gli stessi movimenti con un panno zuppo di grasso per lucidare al meglio lo spadone.
L'ultimo movimento rivelò qualcosa che la lama riflesse e che incuriosì il giovane grosso ruathen.
Con la fronte aggrottata in un cipiglio di pura perplessità il giovane afferrò lo spadone per l'impugnatura e lo sollevo dinanzi il proprio volto, la lama rivolta verso l'alto.
La lama rispecchiò le fattezze di quel viso così precocemente maturato, dai tratti duri e squadrati. La pelle divenuta paurosamente più scura. Gli occhi rimanevano vivi ed accesi, azzurro ghiaccio.
I capelli invece, sempre corti, avevano perso la loro uniformità corvina.
Un piccolo ciuffo brizzolato era apparso all'altezza della tempia sinistra.
Espirò sonoramente.
"Sto invecchiando prima del previsto. Com'è possibile? Non me ne sono mai accorto"
Serrò la mascella quando comprese. Soprattutto quando ricordò.
Si chiese se valeva davvero la pena mettersi in gioco così, per un addestramento talmente arduo da risultare quasi suicida e masochista.
Ma cosa poteva fare per rivaleggiare da sè con efficacia contro quella magia che gli intaccava continuamente la mente? Agognava il controllo totale del proprio corpo e detestava che forze esterne potessero manipolarlo in maniera tanto subdola.
Così come il corpo poteva abituarsi al dolore e alla fatica, ampliandosi e irrobustendosi, non poteva anche la mente funzionare alla stessa maniera?
Portò una manona a toccare il proprio torace. Sin da sopra la blusa poteva percepire le cicatrici in rilievo che il dito di Darsa gli aveva tracciato sulla pelle.
Ricordava ancora fin troppo vivamente le lancinanti scariche che Majuk gli aveva scagliato addosso, facendolo lacrimare come un bamboccio di pochi inverni, rinvenendo abissali paure che erano esplose in un turbine di puro terrore.
Il tocco della tiefling però era mutato.
Lei lo aveva toccato con delicatezza, con l'indice pregno di oscurità, laddove ore spuntava il ciuffetto ingrigito.
Il suo potere era aumentato. Cambiato. Sicuramente potenziato.
Un tocco così leggero aveva rilasciato una potenza così grande da irradiarsi in tutto il corpo, esplodere ed implodere. Sturm potè avvertire di nuovo quella sensazione di assorbimento ineluttabile ed inarrestabile, impossibile da fronteggiare. Sentì di nuovo le membra doloranti, ma anche talmente provate da sembrare appartenute ad un anziano che aveva visto più di ottanta inverni.
Si era sentito stanco e dannatamente invecchiato.
Inspirò di nuovo, profondamente, osservando intensamente la metà del proprio riflesso specchiato dalla larga lama.
La situazione lo spaventava, ma non per i pericoli o i dolori a cui andava incontro, no. Ma per la facilità con cui poteva tirarsi indietro.
Qualcuno gli aveva detto che poteva trovare sostegno in alcuni oggetti magici, ma in assenza di quelli come poteva risolvere il suo problema? Non vedeva altra soluzione che continuare a sottoporre il suo corpo e la sua mente ad un instancabile supplizio magico così da potersi adattare e, un giorno, sviluppare una propria resistenza naturale, così come si faceva con le assunzioni di piccolissime dosi di veleno.
Inspirò profondamente gonfiando l'ampio petto. La tentazione di rasarsi anche il lato del capo gli balenò per la testa, ma ci ripensò.
Riprese invece a lucidare e limare la lama dello spadone.
Nuovamente convinto delle proprie scelte e della direzione che aveva deciso di percorrere.
Con profondi respiri Sturm riprese a badare alla propria attrezzatura, tra un'abbondante sorsata di birra di Glen e ampie portate di carne di cinghiale che si era procacciato e che aveva cotto su delle pietre bollenti.
In quel momento era occupato a lustrare con decisione il proprio spadone, a limarne il filo della lama, a cospargere di grasso sia la guardia che l'impugnatura.
Sedeva su di un ceppo su cui aveva lasciato piantata la sua ascia da boscaiolo. Quell'oggetto gli ricordava costantemente le sue origini, ciò da cui aveva iniziato.
Indossava la sua solita blusa di cotone chiaro, priva di maniche. Sulla schiena un'ampia macchia di sudore che disegnava un ovale completamente zuppo.
Teneva la testa china. Lo sguardo gelido, concentrato, seguiva il movimento della manona che tratteneva la cote, facendola scorrere sulla superficie magica e metallica della lama della sua grossa arma.
Lo spadone era poggiato per orizzontale sulle grosse gambe, l'altra manona, con decisione, teneva ferma per la guardia l'arma su una delle cosce.
Sturm limava il piatto della lama con la cote ed alternava gli stessi movimenti con un panno zuppo di grasso per lucidare al meglio lo spadone.
L'ultimo movimento rivelò qualcosa che la lama riflesse e che incuriosì il giovane grosso ruathen.
Con la fronte aggrottata in un cipiglio di pura perplessità il giovane afferrò lo spadone per l'impugnatura e lo sollevo dinanzi il proprio volto, la lama rivolta verso l'alto.
La lama rispecchiò le fattezze di quel viso così precocemente maturato, dai tratti duri e squadrati. La pelle divenuta paurosamente più scura. Gli occhi rimanevano vivi ed accesi, azzurro ghiaccio.
I capelli invece, sempre corti, avevano perso la loro uniformità corvina.
Un piccolo ciuffo brizzolato era apparso all'altezza della tempia sinistra.
Espirò sonoramente.
"Sto invecchiando prima del previsto. Com'è possibile? Non me ne sono mai accorto"
Serrò la mascella quando comprese. Soprattutto quando ricordò.
Si chiese se valeva davvero la pena mettersi in gioco così, per un addestramento talmente arduo da risultare quasi suicida e masochista.
Ma cosa poteva fare per rivaleggiare da sè con efficacia contro quella magia che gli intaccava continuamente la mente? Agognava il controllo totale del proprio corpo e detestava che forze esterne potessero manipolarlo in maniera tanto subdola.
Così come il corpo poteva abituarsi al dolore e alla fatica, ampliandosi e irrobustendosi, non poteva anche la mente funzionare alla stessa maniera?
Portò una manona a toccare il proprio torace. Sin da sopra la blusa poteva percepire le cicatrici in rilievo che il dito di Darsa gli aveva tracciato sulla pelle.
Ricordava ancora fin troppo vivamente le lancinanti scariche che Majuk gli aveva scagliato addosso, facendolo lacrimare come un bamboccio di pochi inverni, rinvenendo abissali paure che erano esplose in un turbine di puro terrore.
Il tocco della tiefling però era mutato.
Lei lo aveva toccato con delicatezza, con l'indice pregno di oscurità, laddove ore spuntava il ciuffetto ingrigito.
Il suo potere era aumentato. Cambiato. Sicuramente potenziato.
Un tocco così leggero aveva rilasciato una potenza così grande da irradiarsi in tutto il corpo, esplodere ed implodere. Sturm potè avvertire di nuovo quella sensazione di assorbimento ineluttabile ed inarrestabile, impossibile da fronteggiare. Sentì di nuovo le membra doloranti, ma anche talmente provate da sembrare appartenute ad un anziano che aveva visto più di ottanta inverni.
Si era sentito stanco e dannatamente invecchiato.
Inspirò di nuovo, profondamente, osservando intensamente la metà del proprio riflesso specchiato dalla larga lama.
La situazione lo spaventava, ma non per i pericoli o i dolori a cui andava incontro, no. Ma per la facilità con cui poteva tirarsi indietro.
Qualcuno gli aveva detto che poteva trovare sostegno in alcuni oggetti magici, ma in assenza di quelli come poteva risolvere il suo problema? Non vedeva altra soluzione che continuare a sottoporre il suo corpo e la sua mente ad un instancabile supplizio magico così da potersi adattare e, un giorno, sviluppare una propria resistenza naturale, così come si faceva con le assunzioni di piccolissime dosi di veleno.
Inspirò profondamente gonfiando l'ampio petto. La tentazione di rasarsi anche il lato del capo gli balenò per la testa, ma ci ripensò.
Riprese invece a lucidare e limare la lama dello spadone.
Nuovamente convinto delle proprie scelte e della direzione che aveva deciso di percorrere.