31-03-2018, 02:02
Una bottiglia galleggia alla deriva nel mezzo del Mare delle Stelle Cadute.
Se qualcuno riuscisse a leggere l’interno della pergamena, forse rimarrebbe sorpreso nel notare che il testo è in rune Dethek, la cui traduzione suona all’incirca così:
“Belmara, amore mio
Per una serie di sfortunate circostanze, mi ritrovo in balia di eventi più grandi di me. Nel momento in cui ti scrivo, mi trovo a bordo di una nave, nel mezzo del Mare delle Stelle Cadute, verso una meta forse inesistente, guidato da un umano pazzo e dal fantasma di una genasi. Entrambi temo siano pirati.
Non so come io abbia fatto a ritrovarmi in questa situazione. Non immaginavo certo che aiutare uno spirito a liberarsi di una maledizione mi portasse così lontano e così in pericolo.
Come sai, non temo né orchi né giganti, nemmeno le bestie più pericolose e deformi che vivono nel sottosuolo. Moradin è con me, mi concede coraggio e Potere.
Ma qui non c’è pietra a proteggermi, non c’è roccia solida, se non un pugno di ciottoli che ho raccolto prima di partire e che conservo gelosamente in tasca, prezioso ricordo di una vita abbandonata. Persino i miei piedi faticano a tenere l’equilibrio, in un liquido rollio infinito e insopportabile, dove ogni pensiero diventa nauseante e rivoltante. Lo chiamano mal di mare. Sono stato malissimo, e ora riesco a malapena a gestirlo, grazie ad una gentile sacerdotessa umana che mi aiuta con tisane e infusi di erbe.
Mi ritrovo in un mondo che non conosco, a cui non appartengo e contro il quale non ho difese.
Belmara, il mare è solo acqua e cielo. Acqua e cielo. Una distesa infinita di Acqua, nient’altro che acqua, fino all’orizzonte lontanissimo. Mai avrei immaginato di essere in grado di vedere così lontano, senza il minimo ostacolo. E dove termina l’acqua, comincia il cielo. Quanto cielo. Esso incombe, a volte pare che mi schiacci, altre volte invece ho la sensazione di caderci dentro, verso un nulla azzurro e senza fine, perduto per sempre. Non riesco a reggere a lungo la vista del Mare. Resto per lo più chiuso nella stiva, al buio.
E’ il luogo che meglio sopporto, che più mi ricorda le comode e intime sale dell’enclave di Adbar, quando tutto andava come doveva andare.
Sorrido al pensiero del mio arrivo a Glen, quando per la prima volta sono rimasto sbalordito dall’immensità della foresta del Cormanthor.
Allora non avevo idea di cosa fosse davvero l’immensità, beata ignoranza.
Non so se tornerò mai più da questo folle viaggio in mare. Non so se rivedrò mai più i tuoi occhi, non credo. Ma nel caso il Buon Padre decidesse un giorno di riportarmi indietro, ti prometto che ti verrò a prendere e ti porterò con me, a Glen, e lì ci sposeremo e metteremo su casa e faremo tanti figli da formare un nuovo clan.
Addio amore mio, che la Pietra ti protegga
Almeno te.
Tuo Thrain”
Se qualcuno riuscisse a leggere l’interno della pergamena, forse rimarrebbe sorpreso nel notare che il testo è in rune Dethek, la cui traduzione suona all’incirca così:
“Belmara, amore mio
Per una serie di sfortunate circostanze, mi ritrovo in balia di eventi più grandi di me. Nel momento in cui ti scrivo, mi trovo a bordo di una nave, nel mezzo del Mare delle Stelle Cadute, verso una meta forse inesistente, guidato da un umano pazzo e dal fantasma di una genasi. Entrambi temo siano pirati.
Non so come io abbia fatto a ritrovarmi in questa situazione. Non immaginavo certo che aiutare uno spirito a liberarsi di una maledizione mi portasse così lontano e così in pericolo.
Come sai, non temo né orchi né giganti, nemmeno le bestie più pericolose e deformi che vivono nel sottosuolo. Moradin è con me, mi concede coraggio e Potere.
Ma qui non c’è pietra a proteggermi, non c’è roccia solida, se non un pugno di ciottoli che ho raccolto prima di partire e che conservo gelosamente in tasca, prezioso ricordo di una vita abbandonata. Persino i miei piedi faticano a tenere l’equilibrio, in un liquido rollio infinito e insopportabile, dove ogni pensiero diventa nauseante e rivoltante. Lo chiamano mal di mare. Sono stato malissimo, e ora riesco a malapena a gestirlo, grazie ad una gentile sacerdotessa umana che mi aiuta con tisane e infusi di erbe.
Mi ritrovo in un mondo che non conosco, a cui non appartengo e contro il quale non ho difese.
Belmara, il mare è solo acqua e cielo. Acqua e cielo. Una distesa infinita di Acqua, nient’altro che acqua, fino all’orizzonte lontanissimo. Mai avrei immaginato di essere in grado di vedere così lontano, senza il minimo ostacolo. E dove termina l’acqua, comincia il cielo. Quanto cielo. Esso incombe, a volte pare che mi schiacci, altre volte invece ho la sensazione di caderci dentro, verso un nulla azzurro e senza fine, perduto per sempre. Non riesco a reggere a lungo la vista del Mare. Resto per lo più chiuso nella stiva, al buio.
E’ il luogo che meglio sopporto, che più mi ricorda le comode e intime sale dell’enclave di Adbar, quando tutto andava come doveva andare.
Sorrido al pensiero del mio arrivo a Glen, quando per la prima volta sono rimasto sbalordito dall’immensità della foresta del Cormanthor.
Allora non avevo idea di cosa fosse davvero l’immensità, beata ignoranza.
Non so se tornerò mai più da questo folle viaggio in mare. Non so se rivedrò mai più i tuoi occhi, non credo. Ma nel caso il Buon Padre decidesse un giorno di riportarmi indietro, ti prometto che ti verrò a prendere e ti porterò con me, a Glen, e lì ci sposeremo e metteremo su casa e faremo tanti figli da formare un nuovo clan.
Addio amore mio, che la Pietra ti protegga
Almeno te.
Tuo Thrain”
Realgar
Thrain Stoneshield
Thrain Stoneshield