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La strada da Essembra ad Alberi Intrecciati non è praticabile da carri e carovane sarà necessario utilizzare muli e cavalli da soma.
Muovendoci ad est dalla città si entra in una zona collinare con un sottobosco piuttosto fitto ed un itinerario piuttosto contorto ma non abbiamo trovato particolari ostacoli riguardanti la fauna mostruosa locale.
Procedendo ad est, rimanendo a sud della valle delle Voci Perdute, si incontra un castello in rovina che al momento del nostro passaggio era abitato da ragni mostruosi e non morti.
Abbiamo evitato di liberarlo perché quelle creature non ci lanciano frecce dalle mura e tengono fuori banditi che probabilmente lo farebbero. Comunque è consigliabile far passare i muli al di fuori della portata delle mura.
A questo punto cambiamo direzione ed iniziamo a dirigerci a nord-est passando un ponte in rovina e raggiungendo la valle intrecciata dove abbiamo individuato un laghetto per abbeverare gli animali ed accamparci per riposare.
La valle brulica di tribù umanoidi e potrebbe essere il punto più arduo per la scorta ma il percorso verso il villaggio è più agevole.
Alberi Intrecciati è ben più indietro con la ricostruzione di quanto mi aspettassi, vi sono molte tende e qualche edificio in legno ed è presidiato principalmente da soldati.
E' consigliabile che gli abitanti portino con sé tende ed abiti pesanti. Anche qualche capra da latte.
Eitinel
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Leonides era seduto ad una scrivania della caserma valutava la situazione. Il comandante Nelyssa gli aveva dato l'incarico di addestrare un centinaio di civili volontari per rimpinguare le forze della milizia. Quando la donna gli aveva snocciolato i numeri attuali delle loro forze aveva capito quanto la situazione ormai era sull'orlo del precipizio. Dei settecento miliziani e cavalieri di Mistledale erano rimasti solo quattrocento vivi e di questi ancora abili a combattere erano solo trecentotrenta. Suddivisi nelle varie operazioni da svolgere, oltre che al mantenere l'ordine, era evidentemente un numero insufficiente. Questi cento volontari sarebbero stati un misero aiuto, ma pur sempre qualcosa. Doveva fare in modo che non si ferissero da soli con la spada in mano e dovevano riuscire ad essere utili a se stessi ed ai compagni, questo era quello che si prefiggeva. Aveva già organizzato la turnazione per l'allenamento e la metodologia e l'aveva condivisa col sergente Harty, un veterano che gli era stato assegnato per adempiere al compito nei momenti di sua assenza.
Sì alzò dalla scrivania dirigendosi al piazzale d'armi adiacente alla caserma, il luogo dove si sarebbero tenuti gli addestramenti, ormai il sargente e gli uomini erano certamente lì ad attendere il suo discorso alla truppa.
Uscito all'esterno alzò gli occhi al rossiccio sole nel cielo della mattina e poi, volgendo lo sguardo alle reclute, il suo pensiero tornò ad un lontano passato, un passato che forse non aveva mai davvero lasciato. Si diresse innanzi al gruppo di reclute riunite in un ordine che tutto sommato era accettabile, salutò il sergente Harty e poi, osservandoli per lunghi istanti negli occhi di quelli che poteva incrociare con lo sguardo, iniziò a parlare:
"Io sono Leonides Nathos, se volete chiamarmi Capitano fatelo pure, Signore va bene lo stesso. Tuttavia non sarò ne la vostra balia ne il vostro confessore. Non mi è stato chiesto questo e non è questo di cui avete bisogno in quest'ora buia.
Siete dei civili e dovrete diventare qualcosa di più simile ad un miliziano in un tempo che non abbiamo. Tra di voi vedo giovani, vecchi, lavoratori di ogni sorta e vedo anche tanta rabbia e voglia di vendetta.
Bene vi dico: dimenticatevi tutto questo!"
Gli sguardi delle reclute interrogativi, colpiti, allibiti, seri, dubbiosi erano fissi su di lui.
"Avete perso una madre, un padre, un figlio, un fratello, un amico?
Bene vi dico: dimenticatelo nell'ora dello scontro!"
Gli unici rumori quelli della milizia effettiva che armeggiava intorno. Le reclute cercavano di capire cosa volesse da loro.
"Non vi dico di far finta di nulla, non sarebbe da uomini. Ma vi sto dicendo di usare quei ricordi, quella rabbia quando volete alzarvi la mattina per andare avanti o superare il momento dello sconforto.
Voglio che capiate che nel momento dello scontro, quando il nemico è avanti a voi e vorrà sbranarvi, dovrete ricordare solo quello che vi insegneremo io ed il sergente! Solo quello che riuscirete ad imparare per combattere vi permetterà di vivere un giorno ancora per portare a compimento il vostro desiderio! In quei momenti la vostra mente dovrà solo pensare allo scontro, alle tecniche che vi insegneremo. Se riuscirete in questo sarete soldati."
Ora molti sguardi sembravano convinti, alcuni accennavano anche un sorriso.
"Quello che vi insegneremo sarà come usare quelle armi che vi sono state date per difendere voi ed i vostri compagni. Perchè ricordate che sul campo di battaglia l'unico su cui potrete fare affidamento sarete voi ed il compagno che proteggerà il vostro fianco!
Guardate ora chi è di fianco a voi, guardatelo ora!
Ecco, quell'uomo o quella donna, è colui che potrebbe salvarvi la vita e a cui voi dovrete salvarla."
Un lungo silenzio.
"Per finire ricordatevi che non diverrete soldati in un giorno, ma sicuramente farò in modo che chi ha pensato di trovare poveri uomini indifesi avrà di che pentirsi!
Ora il sergente vi indicherà come sarete suddivisi ed inizierete il vostro addestramento.
Se avrete necessità chiedete al sergente o a me. Noi siamo il vostro unico pensiero in questo momento.
Da voi pretendo fatica e sudore. In cambio avrete la possibilità di combattere per la vostra gente e voi stessi.
Onore e gloria ai caduti che ci hanno permesso di essere qui. Che il Cavaliere Rosso assista me e voi!"
Leonides salutò la truppa e fece spazio al sergente.
Il sergente allora prese a dare le indicazioni già concordate con Leonides.
Gli uomini sarebbero stati divisi in quattro gruppi da venticinque uomini circa. Si sarebbero addestrati due gruppi la volta alternandosi a lezioni di spada e scudo e lezioni di tiro con l'arco. Oltre a lezioni per eseguire gli ordini su un campo di battaglia.
Gli altri due gruppi avrebbero riposato e dato una mano, secondo necessità, alla milizia effettiva a secondo delle possibilità.
Leonides restò un pò ad osservare gli uomini ed i loro sguardi. Alcuni sembravano aver un fervore convinto, altri solo la forza della disperazione. Sperava non di salvare tutti, sapeva che non sarebbe stato nelle sue possibilità, ma sapeva che se anche avesse dato loro una possibilità di guardare un altro sole sorgere il suo lavoro non sarebbe stato vano. Guardò ancora il cielo e chiese ancora aiuto alla Dea, mentre già sentiva il sergente inveire contro una recluta che aveva fatto cadere la spada...
Leonides Nathos
Sek Nefer
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Notte fonda, silenzio. La locanda era ormai deserta, si sentiva solo il suono della ruvida scopa che incontrava il pavimento consumato.
"Hey Ragazzo sveglia" tuonò Holfast.
Xovar si destò guardandosi intorno spaesato da uno sgabello del bancone.
"Sei rimasto solo" disse il vecchio continuando a pulire.
"Perché pulite ancora la locanda, domani ci sarà l'evacuazione" Rispose bevendo l'ultimo sorso e alzando di poco il boccale vuoto continuò "Ce ne è ancora?"
"No, abbiamo raschiato il fondo" rispose Holfast scocciato
"Bah.. peccato, ma soprattutto peccato essermi bevuto quasi tutto da solo.." Continuò Xovar ubriaco "Sai, questo posto verrà abbandonato, nulla sarà come prima.. e mi dispiace per te mio caro Holfast, hai offerto tutti i tuoi averi per questa festa per gli avventurieri e non ha partecipato quasi nessuno..
So che l'hai fatto per fare morale, per fare gruppo, ci ho pensato ma ecco... hanno risposto in pochi, se non pochissimi.. Mi dispiace amico"
"Quanto chiacchieri ragazzo... Allora, primo non sono tuo amico, secondo non mi rimbambire con le tue scemenze, ho molto da fare " Rispose stizzito Holfast
"Va bene va bene..." disse Xovar imperterrito "Ma... Volevo dirti che ho accettato l'invito perché girano voci che alla mia età eri un grande avventuriero" sorrise barcollando "I grandi avventurieri non fanno cose a caso, volevi che condividessimo più di una semplice missione o degli ordini... i legami e il gioco di squadra rendono forti, vero vecchio?"
"Ora mi hai proprio scocciato, prendi queste chiavi e vattene di sopra a dormire" Tuonò Holfast nel cuore della notte "Tra qualche ora si parte, vedi di riprenderti"
Da lontano, le prime luci del mattino fecero sobbalzare Xovar dal letto.
Con pesantissimi postumi si spogliò e si immerse nella vasca, il suo ultimo bagno ad Ashabenford prima della partenza.
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Seduto sul divano impolverato, davanti al camino che bruciava l'ultimo ciocco di legno, lo stregone stava bevendo una bottiglia del suo distillato.
Aveva messo nella sua borsa conservante tutte le sue cose ed era pronto a partire.
Aveva fatto un giro per tutta la sede, chiudendo al meglio il danno provocato dall'ultimo attacco in piazza, anche se ci sarebbe voluto una bella ristrutturata.
Che faccio ora... Volevo comprare una casa ad Hap per invecchiare li, nella mia città natale... Avevo una vita qui....
Ora devo lasciare tutto... certo non è difficile per me adeguarmi altrove.
Il tempo sta per scadere... non ho modo di portare a termine quello che avevo iniziato , sono stato uno scemo ... forse dovevo occuparmene più assiduamente...ma gli eventi hanno avuto il sopravvento.
Se proprio devo morire lo farò in grande stile...
Scolò la bottiglia e dopo aver chiuso la sede andò a cercare gli altri.
Hellen'Alena'Snyder - Anthony Webber Lo Stregone - Nathan Lore il Guerriero Nero - Malena Lianarth Sacerdotessa del Cavaliere
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01-04-2020, 18:35
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 01-04-2020, 20:27 da Teg.)
Annette restava tra la gente di Ashabenford che si era raccolta vicino all'albero delle vie. Una dopo l'altra ognuna di quelle persone carica delle poche cose che riuscivano a portare con se raggiungeva il magnifico albero che si innalzava al centro di una verde collina nella parte sud della città. Grazie alla magia del dono della Regina di Evermeet il popolo di Ashabenford veniva portato al sicuro, raggiungendo Myth Drannor nel cuore della foresta del Cormanthor.[b]Lei cercava di essere d'aiuto con la distribuzione delle provviste di grano pagate non con l'oro ma con il sangue della Sacerdotessa Alena di Chauntea e di troppe altre persone di Mistledale che aveva visto morire e fatte a brandelli dalle mostruose creature rigurgitate da uno squarcio planare creatosi poche ore prima proprio sopra i campi dell'Abbazia del Covone Dorato.[/b]
Le provviste venivano scaricate dai carri e consegnate sacco per sacco alle persone che le avrebbero portate con se, attraversando l'albero magico.
Annette sapeva che non vi era un momento da sprecare, bisognava fare in fretta, bisognava mantenersi attivi, bisognava restare uniti e con il morale alto e soprattutto non bisognava perdere la speranza. Padre Derim, lo stravagante pazzo del mago Kevamros e il suo socio Derek, bloccando l'orda infinita di mostruosità rantolanti sulla linea del fiume Ashaba con grande sacrificio, stavano dando al consiglio cittadino del tempo prezioso per mettere tutti in salvo.
Quel tempo sarebbe stato sufficiente? Lei non aveva informazioni per conoscere, quantificare o prevedere la minaccia che stavano affrontando e non voleva sottostimarla. Erano pronti se un altro squarcio come quello visto al Covone Dorato si fosse aperto entro le mura della città? La sensazione era quella di trovarsi ogni volta all'ultimo respiro.
Annette avrebbe voluto rendersi utile nel fare qualcosa in più. Avrebbe voluto mettere a disposizione le proprio conoscenze anche solo per alzare delle barricate o per vedere sistemare delle trappole lungo le strade di Ashabenford. Qualsiasi cosa pur di usare quel tempo per creare ulteriori rallentamenti e difese verso ogni direzione a protezione interna dell'albero e di tutta la gente che si radunava per attraversarlo. Ogni secondo guadagnato avrebbe significato una persona in più messa in salvo nel caso in cui le creature fossero riuscite ad oltrepassare in un modo o nell'altro le mura cittadine prima della conclusione dell'evacuazione.Ne parlò con Nelyssa quando la scorse, anche lei per strada impegnata ad aiutare la sua gente, ma la comandante dei Cavalieri di Mistledale non sembrò credere molto in quel proposito per una serie di motivi e lei rimase con il rammarico di non essere stata convincente.. non le rimase che attendere con il cuore in gola che passassero tutti quanti mentre sperava che anche al villaggio di Peldans' Helm le cose procedessero bene.
Darius.
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I profughi avevano in larga parte attraversato il passaggio attraverso l'albero, per giungere a Myth Drannor, l'evacuazione procedeva come tutti speravano.
Graster decise di fare un ultimo giro per Ashabenford, non sapeva quanto sarebbe potuto tornare e, soprattutto, non sapeva se la città sarebbe ancora stata lì al suo ritono.
Percorse a piedi tutti i quartieri della cittadina, molti ricordi gli tornarono alla mente: l'arrivo in città; i primi contatti con gli avventurieri del luogo, la bettola del quartiere nord; Hollfast ed il Cervo; e molti altri ancora. In cuor suo sapeva che, con quella evacuazione, un pezzo della sua vita se ne stava andando, un ricordo che avrebbe custodito ancor più gelosamente da ora in poi.
Tornò nella sua camera, al Cervo, il banchetto offerto da Hollfast era ormai terminato da tempo, solo Xovar, probabilmente imbottito di alcool, giaceva esanime su una seduta, mise in ordine il poco che aveva con se, in attesa di partire alle prime luci dell'alba. Quando ebbe terminato i preparativi prese una sedia e si mise davanti alla finestra aperta della camera, a contemplare quella giornata che volgeva al termine, e con essa, probabilmente, il suo ultimo giorno ad Ashabenford.
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Urdo era di cattivo umore e con il cattivo umore tornavano anche quelle voci provocanti e fastidiose. Pensava di tenerle a bada con la musica come gli aveva insegnato Erdy ed il biondobardo ma le uniche note che riusciva a suonare erano melanconiche. E cosi’ decise di completare le commissioni assegnategli dalla Perla e poi mettersi in cammino.
La citta’ era vuota. La gente si muoveva lentamente verso l’Albero delle Vie. I volti degli alti erano stravolti e tuttavia alcuni erano ancora speranzosi. Non riusciva ad assistere alla processione soprattutto per paura di incontrare qualche cugino e doverlo rassicurare.
Mistleport e la comunita’ hin erano caduti. Forse era caduto anche Endry. Hap era caduta. Hermann era disperso, il negozio e l’accademia persi. Liri era scomparsa. I paggi erano dispersi o morti.
Lui se la sarebbe cavata, come sempre, ma il prezzo stavolta era stato alto.
Bevve un piccolo sorsetto del rum buono di Xenia. Ne aveva bisogno. Un uomo lo guardo’ con occhi pietosi, o forse erano avidi. Le avversita’ tirano fuori il peggio di noi, aveva detto il signor Vaghar.
Pose la piccola fiaschetta sul muretto tra lui e l’uomo e poi lo guardo’ con gli occhi freddi ed un sorriso diabolico.
Credi di riuscire a prenderne un po’ alto.
L’uomo si allontano’.
Eh gia’, era proprio di cattivo umore.
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Aveva accompagnato e difeso la carovana di muli con le provviste, fino ad Alberi Intrecciati. Finalmente poteva permettersi di rilassarsi, bevendo in quella specie di locanda all'aperto che avevano allestito. Conversando con Eitinel, Simiel e Graster (Vaghar non era un gran compagnone) si chiesero cosa potessero fare, ora. Riposarsi andava bene, per un po'. Ma si sarebbero anche dovuti guadagnare da vivere.
Guardandosi attorno, Xenia non poté fare a meno di pensare come quel luogo avesse qualcosa in comune con Elventree, ed ebbe per la prima volta, dall'inizio della catastrofe, l'impressione di stare voltando pagina.
Sarebbe stata solo la quarta o quinta volta nella sua vita.
Eran Blackmore
"Come i bambini, bisogna minacciarli" - DM Artemis, 2022
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Graster, gli uomini della Compagine Rossa, e gli avventurieri, scortati anche dai giovani miliziani di Mistledale, avevano portato a compimento la loro missione. Il viaggio era stato piuttosto lungo ma, fortunatamente, era proceduto senza grandi intoppi.
Arrivarono ad Alberi Intrecciati in mattinata, si sarebbero riposato per una giornata, poi avrebbero cominciato a montare le tende per coloro che erano stati evacuati da Ashebenford.
Nel frattempo, tra gli avventurieri, si decideva sul dove prestare il proprio soccorso. Graster tendeva l'orecchio verso Essembra, la notizia dei problemi alla Magione di Aencar lo faceva preoccupare, l'abbazia non distava molto, ed in fin dei conti, anche se dedicata a Tempus, era pur sempre un punto di riferimento. Di lì a poco avrebbe inviato una missiva al Sacerdote Generale.
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Dopo i tanti dubbi ancora non si era deciso dove dirigere le proprie azioni. Leonides era convinto che a questo punto il fronte da cui poteva venire qualche utile informazione per affrontare meglio il nemico era il punto dove tutto era iniziato. Il punto dove era caduta quella fortezza dallo squarcio del Reame Remoto. Lì dove vi era la Pietra Verticale.
Avrebbero atteso se gli elfi avevano qualche novità o qualche richiesta specifica e poi probabilmente si sarebbero mossi. Di certo ora che la popolazione era al sicuro pensava che quell'azione sarebbe stata utile ed era intenzionato a portarla avanti. Nel mentre era tornato alla caserma per dare qualche altra lezione ai volontari, che ora sembravano almeno capaci di mettere in pratica le nozioni di base per un armigero.
Erano schierati in posizione innanzi a lui con il loro scudo e la loro spada, vederli così determinati e meno incerti gli dava una certa soddisfazione. Quindi prese la sua spada il suo scudo e parlò:
"Ora avete appreso alcune mosse di base dell'arte della spada. Bene dato che stiamo cercando di farvi resistere il più possibile ad uno scontro per poter così dare modo al resto dell'esercito di agire contro il nemico credo che questa sequenza di difesa potrà servirvi. Perchè ricordate che caricare a testa bassa è il modo migliore per dare al vostro nemico la possibilità di controllarvi e colpirvi.
Pertanto durante l'attacco del vostro avversario sappiate che questo potrà colpirvi più di una volta quindi ora ripeterete questo che vi mostro."
Si mise in posizione e si mosse urlando la posizione raggiunta con l'azione.
"Scudo! Alzate lo scudo per bloccare il primo colpo dell'avversario." Mosse lo scudo innanzi a se.
"Devia! Usa la spada per deviare l'ulteriore attacco del nemico e trattieni ancora il tuo colpo la fretta ti è nemica." Mosse la spada in un arco per deflettere un immaginario colpo verso l'esterno.
"Scansa! Muoviti di lato facendo sbilanciare il nuovo colpo del nemico per farlo andare a vuoto." Con un agile torsione del busto e delle gambe si muove di lato schivando l'avversario nella sua mente.
"Colpisci! Solo se vedete un punto sicuro da colpire allora affondate l'arma verso il nemico. Altrimenti fermatevi e riposizionate lo scudo e ricominciate da capo." La lama che tanti scontri aveva visto si mosse rapida in avanti a fendere l'aria con forza.
Gli uomini erano concentrati ed attenti e questo voleva dire che stavano imparando. Era un bene per tutti loro.
"Ora ripetetelo finchè vi dirò di smettere. E mentre lo fate ripetete: Scudo! Devia! Scansa! Colpisci!
Avanti iniziate!"
Lì osservò a lungo passando in mezzo a loro dando delle indicazioni a qualcuno, annuendo ad altri. Sapeva che stavano imparando, che erano ottimi uomini e donne, ma non poteva non sentire un peso nell'animo. Poi si sforzò di rimanere concentrato sulla lezione...
Leonides Nathos
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