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[AQ] Come scoglio infrango, come onda travolgo
#1
Quelli come lui erano chiamati Raugh Ruathen, non più ruathen, massima forma di disprezzo e di condanna per un uomo o una donna di Ruathym. Ancor più peggiore di una semplice anonima morte. Quello stato privava il non più ruathen di ogni cosa lo legasse alla propria terra, alla propria famiglia, alla tribù. Qualsiasi legame con Ruathym veniva reciso.
Esiliati e diseredati.
La parola data valeva meno di quella di uno schiavo, l'intera esistenza diveniva un supplizio vero e proprio poichè a conti fatti, per la società ruathen, non si era altro che morti. Morti che camminano. Morti privi di onore. Evitati come la peggiore delle malattie, considerati fantasmi tra i vivi.

Questa circostanza condizionava anche il trapasso. Normalmente un ruathen agogna la morte in battaglia così da potersi guadagnare un posto nelle grandi sale di Tempos, al suo banchetto, accompagnato dalle leggendarie valkirie. Oppure, nel peggiore dei casi, era Hela a prendersi cura dell'anima, rimodellandola a suo piacimento, trovando per essa una nuova funzione.

Al Raugh Ruathen non spettava niente di tutto ciò. Per quelli come lui era previsto un grigiore interminabile, tormentato. Nessuna divinità si sarebbe scomodata per accudire l'anima lercia di un disonorato. Una condanna anche nella morte.
Ma era davvero così? Gli anni trascorsi su Faerun avevano dato modo a Sturm di imparare molte cose, come l'esistenza di un Muro dei Miscredenti dove finivano tutte quelle anime che non erano legate a nessuna divinità, o che prendevano la religione con molta leggerezza, sottovalutandola.
Dal canto suo Sturm credeva fermamente nella sua fede. Una fede che era intrinseca nella sua vita sin dai primi attimi della sua esistenza.
Forse per il trapasso dopotutto c'era ancora speranza.

Ma come era arrivato in quella situazione? Cosa aveva commesso per meritarsi una così grave condanna?

Aveva dovuto scoprire le sue carte davanti ad Aslaug, una cacciatrice ruathen, e a Kolbjorn, ruathen anch'egli. L'obbiettivo erano cinque uomini che erano stati la causa della sua condanna. Ucciderli avrebbe placato l'animo turbolento che albergava dentro di sè da quando aveva scoperto la verità, anni prima.
Ma la rossa ruathen giustamente aveva chiesto spiegazioni e Sturm gliele doveva concedere. Così si era esposto, rivelando ciò che era, notando la fugace reazione sorpresa nello sguardo di Aslaug.

Si era mosso in maniera corretta? Era attanagliato dal dubbio. In parte conosceva le origini della Baciata dal Fuoco e si chiedeva se lì, in terra straniera, avrebbero prevalso le tradizioni ruathen o la tolleranza data da più ampie vedute.
Il tempo avrebbe portato risposte.
Dalle Lame d'Argento.
Da Aslaug Baciata dal Fuoco.
E da ultimo, ma non per questo meno importante, dall'inaspettata figura che si era interessata alla faccenda.
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#2
Aslaug aveva ascoltato Sturm, in diverse occasioni le aveva dato, a piccole dosi, spiegazioni


La vendetta non era qualcosa di estraneo alla ruathen, aveva ucciso per molto meno di un torto grave, in questa terra però stava imparando a muoversi con prudenza, già caduta nella "trappola" della legge un paio di volte non voleva certo finire in quelle celle chiuse, insopportabili per la sua natura


La rivelazione di Sturm però la spiazzò, era un rinnegato, per un attimo il suo pensiero fu di ucciderlo, di isolarlo o cacciarlo, se fosse stata a casa probabilmente l'avrebbe fatto, anche se non particolarmente legata alle tradizioni, colloquiare o aiutare un non più ruathen significava disonorare il proprio clan, ma qui cosa importava? non era a casa, non era nemmeno come i suoi conterranei, essendosi trovata spesso in disaccordo con la madre e lo Jarl, erano solamente in quattro, era giusto dare una possibilità a Sturm, stando attenta, altra manica, pensò, sarà la reazione di Fjolnir, lui si che era legato alle tradizioni....


Oltre a questo particolare si era premurata di indirizzarlo dalle persone giuste, questo lavoro di ricerca era adatto a chi le dava parecchie cacce e prede. 
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#3
Le Lame d'Argento si presentarono in tutta la loro orgogliosissima eterogeneità. Sturm ne rimase veramente impressionato.
La prima cosa che capì era che tra di loro non c'era una guida vera e propria. C'era un fondatore. IL fondatore, La Prima Lama, che corrispondeva alla persona di Exem Mani di Fata.
Un uomo maturo il cui nomignolo, di rado pronunciato, era legato a doti ben più pratiche di quel che si potesse pensare di primo acchitto.
Sturm si era rivolto a lui per primo, affinchè valutasse l'incarico - se accettarlo o meno - e i termini di pagamento. Il ragazzone si era già fatto una chiara idea su quell'individuo così portato per gli affari quanto per gli anfratti più pericolosi. Irritarlo sarebbe stato controproducente.

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Ad ascoltare e a giudicare la situazione, inizialmente, c'erano anche altri due membri delle Lame d'Argento: tal Aldric e Darsa la Fiamma Cervellona.

Il primo sembrava più metodico e più attento. Un uomo distinto, dal portamento sicuro e dagli ideali ben saldi, così come sembrava esserlo anche la sua fede. Sturm era convinto fosse lui a tenere le redini di tutto il gruppo, e invece si sbagliava. Ciò nonostante la sua parola era tenuta molto in considerazione. Parola che per dispiacere di Sturm era stata negativa.
«Potremmo anche rintracciarli certo ma per quanto riguarda ucciderli, non se ne parla nemmeno, a meno che non siano accusati di qualche crimine e ricercati ufficialmente dalla legge non intendo macchiarmi del reato di assassinio»

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Burocrazia continentale.

Darsa era più o meno dello stesso parere di Aldric ma, come sospettava Sturm, la natura di quella donna non aveva influenzato solo l'aspetto fisico ma anche il carattere che combaciava perfettamente con l'idea che si era fatto il ruathen. Per certi versi, Sturm trovava in quell'esemplare femmina una certa affinità: se scatenato non poteva anche il fuoco divenire una forza distruttrice? Gli incantesimi di Darsa avevano confermato la supposizione di Sturm, il quale non ci ripensò due volte ad etichettarla come imprevedibile e a dir poco pericolosa.
A differenza dei primi due ella manteneva un atteggiamento più impulsivo, seppur dall'acume intellettivo superiore alla media. Era stata proprio lei a sbeffeggiare a parole Sturm, pungendolo nel vivo dell'orgoglio: «Bè, riacquista il tuo onore. Trovali e poi affrontali. Uno ad uno o tutti insieme. Combattici. Diventa uomo e poi chissà, magari ti crescerà anche qualche pelo sulla faccia. Fai come fanno quelli del tuo popolo».
Come poteva spiegare loro che la situazione, per lui, era molto più complicata? Ci pensò, e decise semplicemente di non dare alcuna spiegazione. Nè riguardo l'assenza di barba. Nè riguardo quel che era per il suo popolo.
E poi non sarebbe riuscito a farlo comunque, era troppo incuriosito dalla figura di Darsa. Nella sua mente si erano già formate immagini fantasiose su come fosse sotto gli abiti.
"Prima o poi dovrò scoprirlo".

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Man mano che la discussione si prolungava, altri si aggregarono al quartetto. Novizi. Potenziali reclute. Contatti esterni. Altri membri effettivi.

Tra tutti era spiccata un'altra esemplare femmina, una tiefling, riportante il nome di Majuk la Caprina - per Sturm -, altro membro delle Lame d'Argento.
Oltre al chiaro meticcio retaggio che sfoggiava con vanesia si era fatta notare fin da subito per la sua indole viziata, da spocchiosa nobildonna abituata al potere, all'ammirazione, al timore. Pareva schifare tutti, anche i suoi compagni, ma in particolar modo lui.
La sua estrema altezzosità e il suo fanatico narcisismo la portavano spesso a distrarsi o a trattare con superficialità tutto ciò che riteneva superfluo - quindi quasi tutto -, motivo per cui in quel frangente aveva rivolto a Sturm uno sguardo sorpreso ed accigliato, quasi lo vedesse per la prima volta. I suoi due pozzi neri l'avevano scrutato con un malcelato disprezzo e insofferenza.
«E cosa vorreste voi villico?»
«Vendetta, per lo più»
«E la paga quale sarebbe?»
«Denaro, o i miei servizi»
«Ben magra ricompensa per ciò che chiedete. Veramente misera. Andate e prendetevela da sola la vostra vendetta».
"Già tanto che mi abbia rivolto parola" pensò Sturm mentre la osservava attentamente, soffermandosi su quelle due corna che le spuntavano dalla fronte. Che esotico trofeo sarebbero state.
Sapeva già come trattarla. O maltrattarla, in caso.

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Nathan Lore, il Buon Illmaterita, aveva ascoltato tutto ma non si era espresso, tuttavia aveva offerto a Sturm un appoggio non da niente: uno spadone di mirabile fattura, motivo per cui si era procurato quel nomignolo. Sturm lo aveva prontamente scambiato con il proprio, provandone sin da subito la maneggevolezza e il bilanciamento. L'elsa sembrava essere fatta su misura per la sua grande mano. Il filo era perfettamente tagliente e non presentava neanche una minima intaccatura. La scanalatura era dritta e ben curvata affinchè il sangue colasse via con facilità. Per finire la guardia era spessa e resistente abbastanza da proteggere tutta la sua mano e una buona porzione di polso.

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Ancora non aveva avuto giudizi dagli altri tre che si erano uniti alla conversazione: l'affascinante Isabel, Sek il Rosso e Derek il Profumiere. I primi due, come Sturm stesso, erano entrati nel giro da molto poco, dovevano ancora farsi conoscere ma avevano mostrato comunque un leggero interesse. Per loro, ipotizzò Sturm, poteva trattarsi di un'ottima opportunità per mettersi in luce.
L'ultimo invece pareva essere un bel navigato combattente dalle più disparate abilità.
Sturm aveva una voglia matta di misurarsi con lui, di vincere quella sorta di allergia che aveva nei confronti di quei forti odori profumati con cui Derek si permeava, e di scontrarsi con il Buon Illmaterita.
Quest'ultimo sembrava essere fatto di una pasta simile a Derek, ma di una forza all'apparenza nettamente superiore. Come aveva avuto modo di vedere Sturm infondo Lore era un invasato nel combattimento. Proprio come lui. Ricercava bersagli sempre più pericolosi così da guadagnarsi il rispetto incondizionato di chi gli stava intorno.

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L'unico che aveva dimostrato smodato interesse era un nano di nome Zigrin, particolarmente invadente e chiassoso. Un ottimo compagno d'arme, ideale per cariche e combattimenti. Il rosso della sua cresta e della sua barba erano tratto distintivo del suo animo focoso e battagliero.
Purtroppo però gli altri del gruppo non parevano dargli troppo peso, ignorandolo per lo più.

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Alla fine di tutto fu Exem Mani di Fata a metterci una pietra sopra, liquidando l'intera situazione con un semplice:« Ci consulteremo e ti faremo sapere».

Dov'era Aslaug Baciata dal Fuoco?
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#4
«Hai già chiesto all'oste informazioni vero?»
«Appena arrivato sarebbe stato troppo sospetto, credo»
«Qualche moneta in più avrebbe assicurato il suo silenzio, fidati»
Darsa aveva ragione. Odiava ammetterlo ma aveva ragione.

Così l'indomani sul bancone Sturm lasciò più monete del previsto.
«Chesduk, guarda qua dentro il boccale, c'è qualcosa. Avvicinati, guarda guarda» il grosso ruathen gesticolò con fare risoluto, con la stessa espressione soddisfatta di chi si sarebbe aspettato un rimborso o come minimo un'altra birra gratuita.
L'oste diffidente gli si avvicinò comunque, non prima di aver tratto un sospiro infastidito. Quant'erano irritanti i ruathen.
Nel boccale non c'era nulla se non spumosa birra. Sturm ne approfittò per parlargli con tono sommesso.

«Sarò veloce, molto veloce»
Chesduk sospirò di nuovo «C'era bisogno di tutta questa messa in scena?!»
Sturm parve rifletterci un poco prima di ricordarsi di dover essere veloce a chiedere.
«Sto cercando cinque uomini che potrebbero essere passati di qua. Rasten ti dice niente? Alto, rasato, folta barba. E' avanti con l'eta ed ha lo sguardo truce, da brutto ceffo prezzolato»
«Mhhh, Rasten, Rasten, Rasten»
«Poteva non essere da solo. Di solito si accompagna insieme a un biondo della sua stessa età quasi: Denim. Taglio corto da nordico, baffetti. Faccia butterata, occhi chiari»
«Mhhh, Denim, Denim, Denim»

"Che diamine per gli Inferi di Hel! Possibile non sappia nulla?!"

«Forse potresti aver visto Tapper allora. Robusto anche lui ma decisamente più rozzo e scorbutico. Sta spesso sulle sue, è silenzioso. Pure lui ha due baffoni importanti. Non gli piace parlare perchè...» era il caso di continuare?
«Perchè?» Chesduk alzò lo sguardo a fissare gli occhi gelidi di Sturm.
«Lascia perdere. Li hai visti o no?»
«Sono solo tre ragazzone. Gli altri due?»
Toccò a Sturm questa volta sospirare, roteando gli occhi, frustrato da quella situazione. Non gli piaceva proprio indagare. Non era tipo da perdere tempo a fare il lavoro da segugio. Voleva solo combatterli. Massacrarli. Ucciderli.
Non glielo disse ovviamente.

Tornò a fissare il volto dell'oste, sporgendosi ancora un pò più verso di lui, incurvandosi maggiormente sul bancone.
«Un tipo alto allora, molto alto, quanto me o forse addirittura più di me. Uno smilzo, rachitico. Pelle ossa insomma. Finn. Ha il volto smunto, uno sguardo non proprio sveglio»
«Mh, un tipo del genere me lo ricordo»
Ecco il colpo di fortuna!
«Ma era un ragazzo che faceva parte di un gruppo circense itinerante. Sai quei ragazzoni che passeggiano tra la folla con quelle gambe lunghe di legno? Bè era alto e secco secco secco. Ma così secco che con uno starnuto potevi farlo sparire, credimi!»
«No, non è un saltimbanco, non è un ragazzo e non ha gambe di legno»

Giocò l'ultima carta.
«Quanti calimshiti passano per di qua?»
«Molto pochi in realtà. Sono sempre vestiti leggeri, non apprezzano granchè la birra, gli piacciono più estratti esotici o idromele. Ma vanno pazzi per il vino»
«Sì, sì, lo so. Jund non beveva altro che vino. Non perchè gli piacesse il sapore, ma solo perchè gli piaceva l'effetto che aveva dentro una coppa dorata o in un bicchiere di vetro. Diceva che lo faceva sentire un pascià»
«Jund eh? Jundeliir Al Khadel?»
«Oh! Perchè mai avrebbe dovuto dirti il suo vero lungo nome?»
«Il vino. Io non lo annacquo. Regge poco l'alcool in realtà quel tipo, e quando è ubriaco non riesce per niente a tenere nessun conto. Ha perso una scommessa e mi ha lasciato molto più di quello che mi doveva»
«E quando è stato qua? Dove se ne è andato?»
«Ah bè, è stato diversi mesi fà. Doveva andare verso nord, ma non so di preciso dove e mi sembra venisse proprio dalla Sembia sai? Un calimshita che viene dalla Sembia ah! Non c'è ladro peggiore dico io» ridacchiò infine Chesduk.

Sturm ridacchiò insieme a lui, assecondandolo. Sul continente gli parevano tutti dei gran ladri.
Aveva una pista. Ma le terre a nord erano vaste, molto vaste. Gli sarebbe bastato trovare solo uno di loro per scovare tutto il resto della combriccola infame.
«Ehi Chesduk, un'altra birra. E non parlarne con nessuno di questa cosa mh?» Sturm spinse un sacchetto bello rigonfio e tintinnante verso l'oste.
Quest'ultimo sorrise ed annuì «Come dici? Altre due birre?»

Sturm bevve "A Darsa".
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#5
Sul momento non aveva dato molto peso all'enesimo Ruathen che la Rossa presentava loro, evidentemente dalle loro parti prolificavano come conigli.. era curioso però come in molti ultimamente si ritrovassero proprio qui nelle Valli. Scarsa selvaggina dalle loro parti? Epidemie? Sovrappopolazione probabilmente. Macchissenefrega.

Sta di fatto che ormai, a trovarsi in quella piazza di Essembra, erano davvero in molti. Parlare tra la folla e le chiacchiere pure tra di loro diventava complicato. Darsa per prima, non teneva quasi mai le fila di un discorso unico fino alla fine. Almeno.. non senza un buon motivo degno della sua totale attenzione, allora si che avrebbe pure fermato il mondo per ascoltare. Ovviamente.

La questione illustrata da Sturnn è semplice. Cinque tipi, mi sfugge ora dove, hanno fatto ricadere la colpa su lui di qualche loro casino, di cui non ha dato dettagli. O forse li ha dati ma stavo ascoltando altri. Un gruppo eterogeneo di mercenari a quanto pare: Rasten, Denim, Tapper, Finn e un calimshita di cui mi è sfuggito il nome ma che desta la mia curiosità. Devo sapere chi è e cosa ci fa qua... Si chiama Sturm! Non è mica il fratello del vassallo tappetto di Hap.
Sturm.. alto robusto e ignorante come tutti i selvaggi, curiosamente glabro. Ancor più curioso è un Ruathen che commissiona a sconosciuti l'esecuzione di una propria vendetta personale. Perchè? Provocarlo era d'obbligo. Tuttavia, pur scottandolo sul vivo, non si scompose più di tanto. Davvero curioso... o Sturm è un campione di codardaggine, o questa è una sua precisa scelta. Non di certo una cosa impostagli contro la sua volontà, altrimenti avrei visto l'ira nei suoi occhi freddi, e un pugno nel mio esile stomaco.

Ad ogni modo Exem non sembra intenzionato a dargli molto seguito per ora, non avendo di che pagarci, e nemmeno io intendo compiere un reato. Non senza un buon compenso. Aldric non infrangerebbe mai la legge per se stesso, figurati per altri, e agli altri non frega minimamente la cosa. Tu non sei Aldric. Non sono nemmeno stupida. Ma sei curiosa. Sono curiosa.
Benissimo. Se questi tipi sono già qui e non si preoccupano del loro avvoltoio, non sarà difficile per Sturm trovarli senza che io mi esponga. A quel punto potrebbe interessarmi vederli più da vicino. Letteralmente. Coi miei occhi e una scintilla magica, posati su quel calimshita.
"Come ti chiami?" "Echo" "Echo?" "Echo"
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#6
E così la storia era un po' più complicata di come sembrava. E' vero che i cinque erano giunti fino qui, a Essembra. Si.. un mese fa. Poi sono andati a nord verso la Pietra Verticale, il che vuol dire pressocchè ovunque. Quindi o si metteva scarpe comode girando di locanda in locanda a chiedere di ubriaconi calimshiti dediti al gioco d'azzardo... o cercava chi li aveva incontrati. Un politico del Cormyr ritiratosi in pensione e di cui ovviamente non sapeva il nome.. o sarebbe stato facile.

Più che consigliargli di rivolgersi all'unico cormireyano che conosca.. si fa per dire. Non certo un tipo da chiacchiere e men che meno da far parlare a suon dorato. Un tipo che lo sbatterebbe nella cella più buia se sapesse il suo fine e ci fosse pericolo lo metta in atto nelle terre del suo vassallaggio. E quindi gle l'ho consigliato.

Sturm non è un ruathen come gli altri e questo mi incuriosisce sempre più. Troverà un altro modo o si butterà alla prima soluzione proposta, chi lo sa. E soprattutto mi chiedo se sarebbe capace di rivolgersi a certe autorità senza compromettersi, ora che dovrebbe aver capito come ragionano i valligiani. Io dico di no.

Ora però, so che quel tipo del Calimshan sicuramente non era invischiato nel circo itinerante... Spero vivamente non ne giungano altri, voglio restare ancora un po' in questa cittadina... dannazione credevo di essere abbastanza lontana! Ora che sto bene, sono lucida, non perdo più il controllo!

Vattene prima che ti riconoscano! Eri famosa nel Calimshan! 

Dannazione.. dovevo proprio essere così spettacolare? 

Assolutamente si.


Jund.. 
in nhannh sstadithi derrssinhi derr in litrrankhalhi kshh gihaki t'izzirrthi derr rrienndirrh gli sstessssi dharrsselli kshh dhai ssvahati. 
E ssi idrriiki darrh tinthi derr tirr nneglihi nell'hakkshiha!
Tissgassthassha, tissgassthassha!
Shalhi I fharrti dhasssshanhi inndirrh illi khankuaissti tel Faterre, sskshiikkiinthi I tedhali nelli lharrhi sstessssi kenerre!
Dekkithi ssii già lhantinha, ssentivhi già l'hatharrh ti kirrnh drrakiiti rrienndirrnni lh nirriki mmmh..


Jund.. 
un nome stupido persino per un ladruncolo che gioca d'azzardo per riempire gli stessi borselli che poi svuota.
E si ubriaca pure tanto per dar meglio nell'occhio!
Disgustoso, disgustoso! Solo i forti possono ambire alla conquista del Potere, schiacciando i deboli nella loro stessa cenere!
Peccato sia già lontano, sentivo già l'odore di carne bruciata riempirmi le narici mmmh..
"Come ti chiami?" "Echo" "Echo?" "Echo"
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#7
Aldric aveva accennato al fatto che la valle di Battledale era costellata di piccoli insediamenti qua e là, villaggi così piccoli da non comparire neanche su una mappa, fattorie e villette. E poi c'erano le due cittadine più importanti: Essembra ed Hap.

Ad Essembra la pista era troppo fredda perchè Sturm potesse trovare qualcos'altro. L'unica alternativa rimasta era recarsi ai templi locali e chiedere lì. Ma quante persone passavano lì di giorno in giorno? Molte. Troppe perchè qualche cerusico potesse ricordarsi precisamente di una faccia. Figuriamoci cinque diverse tra loro.

L'altra opzione ricadeva su Hap, nella precisione sul comandante di guarnigione di una compagnia mercenaria conosciuta come i Manti Scarlatti. "Nome azzeccato" si ritrovò a pensare Sturm, ricordandosi della storia di Re Aencar l'Ammantato. Dunque doveva rintracciare tale Comandante Sturnn. Una volta ad Ashabenford Exem aveva già pronunciato quel nome e come Darsa, credeva che Sturm fosse un cognome, pronunciato male, e che quindi avesse qualche legame, usando le parole della genasi di fuoco, con il rinomato tappo, muscoloso e prestante comandante di Hap.
A Sturm prudevano le mani.

Nel frattempo aveva gettato le basi per ritagliarsi qualche altro aiuto insperato. Fjolnir soprattutto, nella sua spontaneità, lo aveva fatto ragionare: con un vantaggio di mesi il gruppo che cercava poteva essersi spostato ovunque, magari raggiungendo anche altre valli. Potevano benissimo trovarsi a Mistledale. 
Sia Fjolnir che le altre due figure, Ronda e Sitkah, gli avevano assicurato che lo avrebbero avvisato qualora si fossero imbattuti in qualcuno di quegli uomini citati da Sturm.

Sturm odiava pronunciare quei nomi. Non perchè odiasse a morte quelle persone ma perchè quei nomi erano legati ad una faccenda talmente intrigata che lo stesso Sturm faceva fatica a starle dietro. Dare spiegazione dei risvolti, delle conseguenze, e delle subdole macchinazioni messe in atto era qualcosa di sfiancante. Faceva dolere la testa. Per di più era una storia di traditi e traditori. Una storia che ogni volta che usciva fuori lasciava l'amaro e ferroso sapore del sangue in bocca.

Ad ogni modo le Lame d'Argento parevano interessarsi con molta discrezione alla faccenda. Chi a modo proprio dava una sua sorta di sostegno: chi attraverso un'armatura incantata, chi attraverso l'esternare la volontà di massacrare qualcuno che potesse rappresentare una sfida.
Ronda intanto lo avrebbe atteso ai Sei Scudi per tentare di compiere dei ritratti che potessero raffigurare i cinque figuri che Sturm andava cercando.

La priorità però risiedeva nel Comandante Sturnn e nelle informazioni che Sturm sperava avesse.
Hap lo aspettava.
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#8
Contro ogni previsione Hap attese.
Piccoli incarichi di lavoro avevano portato Sturm a spostarsi, tornando a gravitare ad Ashabenford.

Tra un lavoretto e l'altro non si lasciò sfuggire l'occasione di riscuotere da Ronda il tempo che lei aveva promesso di concedergli.
Ronda.
Una ragazza affascinante, affabile e tuttavia dall'aria misteriosa. Seppur sofisticata e dai modi ricercati - un po' come Isabel, Majuk e Darsa - pareva tollerare comportamenti spicci e diretti tipici delle persone come Sturm, che facevano della praticità la propria punta di diamante. Sturm collegò questa tolleranza al fatto che probabilmente anche Ronda aveva conosciuto una vita aspra e piena di insidie, grezza, e che non era stata tranquilla come apparentemente lo era ora.

Come tutti Ronda volle sapere qualcosa di più riguardo la faccenda in cui era invischiato Sturm: la solita storia. Solo che questa versione venne impreziosita di inutili dettagli. Ronda assorbì tutta la storia raccontatele, ponendo di tanto in tanto domande specifiche, oculate. Da una parte pareva capirlo a Sturm, o meglio comprendeva la sua reazione e non parve incitarlo dal desistere. Si premunì solo di avvertirlo « Quando accadrà, stai attento». Possibile che anche lei covasse sentimenti simili alla vendetta nei riguardi di qualche altra persona? Sturm non seppe dirlo poichè non si prese neanche il disturbo di chiederglielo. Non gli pareva il caso e onestamente neanche gli interessava. Era già tanto che Ronda si trovasse lì, a disposizione, concedendo la sua mano per dei tratti che poi sarebbero divenuti lineamenti precisi di quei cinque maledetti figuri.

Ci vollero molte ore di diversi giorni ma alla fine valse la pena attendere per dei risultati che furono impeccabili. Erano partiti solo dai visi, Sturm descriveva nel meglio delle sua possibilità, e Ronda disegnava, facendo domande sul soggetto attuale, cercando di capirne il comportamento oltre che l'aspetto così da ottimizzare il lavoro su carta. Poi avevano compiuto il passo successivo: i corpi interi.
Il lavoro ultimato era più che buono, i ritratti rispecchiavano bene quei cinque.
«Non mi hai ancora chiesto nulla in cambio, cosa vuoi?»
«Per ora sto ancora decidendo. E poi non è detto che i miei ritratti possano tornarti utili. Poniamo il caso che casualmente ti imbatti in loro. Ecco che il mio aiuto verrebbe meno e quindi non saresti più in debito con me»
«Ho già avuto un incontro casuale del genere e non penso che si ripeterà un evento simile, quindi mi ritengo ancora indebitato con te. Il tuo lavoro darà i suoi frutti, fidati».
Finalmente anche per gli altri coinvolti i bersagli di Sturm avevano un volto. Fjolnir ne sarebbe stato contento, Sitkah anche di più.

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Ora non rimaneva che raggiungere Hap quanto prima nel tentativo poi di farsi ricevere dal Comandante Sturnn. Ma già che c'era non voleva perdere l'opportunità di coinvolgere altri due figuri che, era sicuro, avrebbero dato un netto vantaggio alla forza di attacco.
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#9
In tutto il Faerun quante possibilità c'erano di imbattersi in un'alfar - sempre se di alfar si trattava - che per la bellezza, l'ispirazione e la pericolosità sembrava essere uscita dalle fila delle valorose valkirie, e in un figlio di un drago d'oro, un mezzodrago?
Veramente molto poche.

Sturm fino a che non giunse nelle Valli aveva sentito solo storie e leggende riguardo simili creature, appartenenti ad un passato dimenticato o ad una realtà invisibile per quasi tutto il mondo. Non pensava minimamente potessero esistere figure del genere. Per la prima volta si era sentito svilito, ancor di più di quando fu sancita la sua condanna.
Lui era solo un umano, ma loro? Loro erano il frutto di creature leggendarie, di natura diversa certo, ma pur sempre leggendarie. Una bellezza ultraterrena, una forza sovrumana, la vista di un falco.
Sturm era invidioso, lo sapeva, aveva sentito tutto il corpo entrare in un tumulto interiore per la rabbia. Loro erano nati con dei veri e propri doni, dei portenti assoluti. Lui no. Doveva sudare sangue per raggiungere una potenza che potesse minimamente eguagliare quella del mezzodrago dorato. Per Sturm poteva benissimo essere la personificazione terrena di Uthgar.
E l'alfar? Non aveva mai visto un'esemplare femmina simile, di una bellezza accecante, a tratti oscura, e allo stesso tempo temibile all'inverosimile.

Areskahan Figlio di Drago.
Sturm era sempre stato considerato di una taglia più grande rispetto ai suoi pari. La vita impervia di Ruathym e i continui addestramenti lo avevano plasmato conferendogli un'altezza ed una possanza invidiabili. Ma di fianco ad Areskahan tornava ad essere uno scricciolo, un essere insignificante pronto ad essere schiacciato come un insetto con un sol gesto.
Il Figlio di Drago era qualcosa di immenso e di straordinariamente spettacolare. Gli occhi, i denti, le piccole scaglie e i modi erano un tratto distintivo della sua natura dragonica.
Nella sua infinita altezza e rigida compostezza pareva rappresentare la figura del guardiano per eccellenza. Le sue enormi e forti braccia erano invase di una forza impossibile da paragonare, capaci di maneggiare una grande mazza da guerra come fosse stata una spada corta per Sturm. Aveva un nome quella mazza micidiale. Un nome che giustamente si rifaceva al tratto della forza, ma non lo ricordava. Doveva farselo ripetere da Areskahan.
Ovviamente il gigante di scaglie vantava una resistenza altrettanto invidiabile che solo gli jarl più valorosi potevano eguagliare. Ed erano uomini che avevano già vissuto metà della loro esistenza.
Areskahan Figlio di Drago rappresentava l'alleato ideale per affrontare i cinque brutti ceffi. Il suo aspetto avrebbe demoralizzato il nemico e i suoi colpi devastanti avrebbero fatto il resto.
Un compagno d'armi ideale, sensazionale. Sturm già vedeva fiumi d'oro scorrere impetuosi.

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Ma i sogni di grandezza e luccicante ricchezza vennero eclissati dall'alfar.
Nityalar Occhi d'Ametista.
Su di lei parevano essersi concentrate le più svariate sfumature di bellezza. Sturm durante la sua adolescenza di razzie era riuscito a procurarsi molte donne o comunque in patria si era fatto valere quel che bastava per non farsi mancare compagnia di sorta. Ma quell'alfar rappresentava qualcosa di inimmaginabile. Possibile fosse la discendente reale di una valkiria? O che addirittura avesse sangue delle schive e meravigliose ninfee? Tutte domande che Sturm riuscì a farsi solo dopo aver lasciato la straordinaria coppia.
Nel momento in cui era in loro presenza sentiva quegli occhi violacei puntati su di lui, scavargli dentro. Due ametiste luccicanti, luminose. Uno sguardo alieno ma comunque magnetico capace di assorbire la totale attenzione. Uno sguardo che sapeva baluginare anche la propria terribile spietatezza. Sturm era sicuro che quegli occhi così inusuali ma allo stesso tempo bellissimi potessero vedere cose che altri comuni esseri non potevano.
E per il resto?
Delle donne che aveva incontrato ognuna aveva il proprio fascino particolare. Di alcune si era beato anche delle loro nudità ancora ben impresse nella mente. L'alfar però sprigionava una sensualità fuori dal comune, quasi tangibile e l'abito aderente e succinto che indossava non era per niente d'aiuto.
La lunga chioma argentata, il collo affusolato da cigno. Gli occhi, gli altri occhi. La vita stretta.
Sturm stava capendoci poco, gli sembrava di essere ubriaco lercio.
Nityalar Occhi d'Ametista tuttavia sapeva essere temibile quanto meravigliosa. Utilizzava l'arco con naturalezza, scoccando con precisione micidiale ogni colpo, come fosse qualcosa di abitudinario. Aveva visto una simile dote solo in Aslaug Baciata dal Fuoco.
Sturm aveva combattuto anche insieme a Nityalar. Una compagna d'armi ideale, un'apripista discreta, capace di non farsi notare. Avrebbe colpito con precisione ognuno di quei cinque, magari azzoppandoli tutti così da rendere ancor più lenta la loro morte.
Sturm vedeva fiumi d'oro scorrere impetuosi, con lei sopra distesa a rendere tutto ancor più prezioso e invitante.

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Ma tutto era destinato ad infrangersi.
Sturm non se lo aspettava proprio anche se avrebbe dovuto.
Cosa poteva aspettarsi dal figlio di un drago d'oro? O da una fiera ed orgogliosa alfar?
Il grosso ruathen impattò contro un muro di ideali in cui aveva smesso di credere già da bambino: non c'era posto per la pace e l'innocenza nel suo mondo.
Quando descrisse la faccenda in cui era coinvolto se li ritrovò contro entrambi. Non approvavano i modi e i costumi ruathen. Razzie? Che vile barbarie!
Baluardi della pace e difensori degli oppressi si esposero addirittura nel dire che approvavano quanto architettato da quei cinque. Sturm si ritrovò sorprendentemente a ridere. Quello, durante l'accesa discussione che era nata, l'aveva previsto. Non perchè fosse una cima ma perchè aveva fatto tesoro dell'esperienza vissuta. Già altri paladini avevano pronunciato le loro stesse parole, quasi difendendo quelli che in realtà avevano compiuto i peggiori misfatti sulla faccia del Faerun.
«La vendetta non è tutto Sturm, lo capirete quando avrete pagato il giusto prezzo» le parole dell'alfar erano state pronunciate con la saggezza datole dagli anni. Doveva averne molti, Sturm ne era sicuro. Ma in quanto alla lezione di vita rimaneva scettico, cos'altro poteva perdere ancora se non la vita che era l'unica cosa rimastagli? Per quel che gli riguardava aveva già perso troppo. Era giunto il momento di riscuotere.
Il fondo era stato toccato tanto tempo prima, non c'era altro da fare che risalire. Lentamente, faticosamente, ma pur sempre risalire.
E poi c'era di mezzo la solita burocrazia continentale. Leggi. Autorità. Assassinio. Omicidio. Areskahan Figlio di Drago era fermo su quel punto, non avrebbe alzato un dito contro chi non era perseguitato dalla legge. Anzi, si premunì di avvisare Sturm:« Se solo verrò a sapere che avete torto un capello a qualche innocente verrò io stesso ad ammazzarvi».

A Sturm bastò.
Voleva continuare a vivere. Il periodo della sopravvivenza era passato. Non voleva continuamente guardarsi le spalle nel rischio che potesse schiantarglisi sul capo una mazzata o che potesse buscarsi una freccia nell'occhio - o nel ginocchio - .
Aveva perso un vantaggio considerevole per colpa di quelli che considerava stupidi ideali e macchinose e complicate burocrazie. Isabel sicuramente gli avrebbe fatto notare con altezzosa sagacia che c'era anche stata una squisita nota di ipocrisia a condire tutta la discussione ma ovviamente Sturm non se ne avvide, non gli importava. Pensava solo al rifiuto.
E alle braccia del mezzodrago d'oro.
E agli occhi dell'alfar.

Doveva consegnare i ritratti ai suoi compagni e poi partire per Hap.

"Comunque, secondo me, la spezza "
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#10
Aveva consegnato i ritratti a Fjolnir premunendosi prima di farne una copia per eventuali esigenze.

Durante l'incontro Madre Mathlin venne a sapere della vendetta di Sturm. Era qualcosa di non previsto, ma non per questo negativo.
Difatti, Madre Mathlin, nonostante le perplessità sempre maggiori dettate dalle intenzioni del grosso ruathen si accertò che i ruathen sapessero bene quali fossero le leggi che vigevano nelle Valli.

Sturm era stufo di quella storia, non ne poteva più. Possibile non ci fosse un lembo di terra privo di qualsiasi regolamento? Una terra di nessuno?
Giusto per togliersi un serpente dallo stivale decise di documentarsi, chiedendo proprio a Madre Mathlin che fino ad allora era sempre sembrata sì disponibile ma anche molto ligia e preparata.

Madre Mathlin illustrò a lui e a Fjolnir chi amministrava le terre in cui girovagavano: Da una parte se ne occupava Mistledale, da un'altra Battledale, da un'altra parte ancora un altro nome che Sturm non ricordava e infine c'erano anche gli alfar di Myth Drannor.
A conti fatti, in qualsiasi luogo avrebbe ucciso quei cinque poteva rischiare di beccarsi una taglia sul capo. Persino dagli alfar, incredibile.

Come mai però con i manipoli di banditi nessuno faceva storie? Eppure non c'era una taglia per ogni testa che falcidiavano. «Legittima difesa» dicevano tutti, come se quella motivazione fosse la scappatoia universale per non incappare nelle conseguenze della legge. Chi determinava però che quei miserabili stavano attaccando e non difendendosi? Diceva bene Fjolnir quando affermava che: « La legge va bene solo quando fa comodo a voi».
I cadaveri trovati sui sentieri o nelle foreste potevano essere stati vittima di qualsiasi cosa: una trappola, mostri, pelleverde, banditi.
Sturm non credeva che in tutte le Valli ci fossero occhi che controllassero il movimento di ogni singola persona. Poteva uccidere quei cinque e nascondere i corpi, oppure lasciarli lì ed in caso addossare la colpa a qualche pericolo insito nelle Valli. Sempre ammesso fosse venuto qualcuno ad accusarlo di essere la mano della morte dei cinque traditori.

Nonostante ciò Madre Mathlin gli aveva consigliato di rivolgersi alla più alta carica delle autorità della zona ed esporgli il fatto. La complicatissima faccenda.
Fjolnir sorprendentemente aveva approvato il consiglio, sostenendo che Nelyssa - questo il nome del comandante dei Cavalieri - sembrava essere molto capace e degna di fiducia.
L'unica cosa che faceva storcere il naso a Sturm era il fatto che fosse una paladina di Chauntea. Gli ricordava troppo i ffolk delle Moonshae. Ma pensava di fare comunque un tentativo. Giusto chiedere, informarsi e capire come funzionassero le dannate leggi dei villaggiani.

Hap aspettava ancora. La meta più prossima sarebbe stata la caserma dei Cavalieri di Mistledale ad Ashabenford.
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