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[AQ] Tornando in punta di piedi
#1
Erano passati oltre due anni, da quando aveva rimesso piede a Mistledale.
Due anni erano lunghi, soprattutto per una persona come lei, soprattutto per quello che aveva fatto in quel periodo.
Non aveva mai passato così tempo a stretto contatto unicamente con la natura, o al massimo con le poche persone che incontrava nei suoi spostamenti, o negli accampamenti e nei piccoli villaggi della foresta.
Ma il suo scopo alla fine era stato raggiunto. Aveva trovato quello che cercava, aveva vissuto le sue esperienze, aveva cacciato, aveva odiato, aveva amato. Aveva osservato. Aveva imparato. Si era evoluta di conseguenza. Ovviamente non poteva che essere l'inizio, il percorso sarebbe ancora stato lungo e complesso ma adesso almeno ne sapeva qualcosa di più. E l'aveva ottenuto da sola, questa era la cosa più importante. 
Ora, era finalmente arrivato il momento di ritornare. Spinta dal desiderio di vedere chi dei suoi compagni fosse ancora in circolazione o semplicemente vivo, spinta dalla sua natura sedentaria che non sempre aveva potuto saziare in quel periodo. Soprattutto spinta dalla necessità di farsi riassorbire almeno un po' dalla civiltà, dai suoi rumori e dai suoi odori, da quella gente così diversa e spesso così difficile da provare a comprendere... ma voleva farlo.
Il suo ultimo contatto con un grosso insediamento era stato quando aveva trascorso quel breve periodo a Scardale. La placida calma di Ashabenford e delle terre circostanti, che pur vivevano sempre in mille problemi affrontati dalla frenesia dei tanti avventurieri, agevolarono almeno in parte questo riadattamento, pur nella consapevolezza che non sarebbe mai stato del tutto completo. Che non era come loro, e su questo non poteva farci nulla.
La cultura. Ecco cosa le era davvero mancato, alla fin fine. Viaggiando aveva trovato pochissimi scritti, e ancor meno persone davvero erudite con cui confrontarsi. Da quando aveva rimesso piede a Myth Drannor alcuni giorni prima, aveva già acquistato una dozzina di libri, tutti iniziati, un paio anche finiti. Gli occhi scorrevano veloci, chiusa nella sua stanza alla locanda o sulle rive del lago alla tenue luce di Selune, assorbendo storie e nozioni, riempiendo finalmente la mente e l'immaginazione che per troppo tempo avevano dovuto confrontarsi solo con la dura realtà.
Voleva tornare a studiare, qualcosa da cui lasciarsi avvolgere interamente. A cui applicare un metodo anche, come aveva insegnato, o almeno provato a fare, sua madre al tempo. Ora comprendeva un po' di più tutto quello.
La prima idea gliela diede Eitinel, l'ibrida conosciuta alcuni giorni prima, che le ricordava i peculiari accoppiamenti della sua terra che raramente aveva incontrato altrove: la lingua celestiale. Era un argomento che l'aveva sempre affascinata, ma non aveva mai avuto l'occasione di immergervisi completamente.
Annette gentilmente le aveva prestato un paio di libri dalla biblioteca del tempio, che l'avrebbero guidata nei primi passi. Ivor aveva acconsentito, un po' inaspettatamente, ad aiutarla nello studio. Si era dimostrato, questo in maniera meno inattesa, un insegnante paziente e capace, e la naturale predisposizione alle lingue di Velyahn unita alla passione che ci metteva faceva il resto.
La sera, trascorreva almeno un'ora a scrivere su carta quello che aveva preso durante il giorno, copiando frammenti dei libri del tempio e integrandoli con gli esempi e i concetti che aveva acquisito a voce, convinta che la scrittura fosse il metodo più efficiente di assorbimento di una nuova materia.
Prima l'alfabeto, poi la grammatica, il vocabolario e infine la pronuncia iniziavano a riempire i suoi fogli, e soprattutto la sua mente. Non aveva fretta, la foresta le aveva insegnato che certe cose richiedono il giusto tempo e farle troppo rapidamente non è sintomo di metterci la giusta passione.
E poi avrebbe trovato qualcos'altro cui interessarsi. Magari sarebbe passata da quel mercante di libri, prima di tornare a cercare Ivor... sollevò lo sguardo al cielo. Sì, sarebbe riuscita a ricavare un'oretta per fermarsi a cercare nella Città del Canto, prima di recarsi dal sacerdote. Ripose i suoi appunti e si alzò in piedi sul manto erboso dov'era seduta, dopo aver allungato una mano a prendere per il coppino il piccolo folletto che aveva tenuto bloccato sotto il tacco dello stivale per l'ultima ora. Se lo portò davanti al viso, donando un sorriso affilato in risposta allo sguardo vacuo e ormai privo di speranze della creaturina. Gli occhi si accesero solo un attimo, quando li sgranò al contatto con la fredda lama che lo penetrò da parte a parte. Poi, il corpicino venne gettato freddamente nel folto del bosco, mentre l'elfa si allontanava con passo tranquillo.
[Immagine: 6d5d781e0dabaceac4feb581d06e8ff5.jpg]

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