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[DM Phantom] Una spiga spezzata
#11
Era stata una lunga giornata per Mayline. Riunioni, ronde e lavori per rimettere in sesto la caserma dei cavalieri continuavano a seguirsi da diversi giorni. Il passare delle ore era ormai scandito dai luoghi in cui doveva trovarsi: le prime ore dell’alba erano riservate a una ronda nei pressi dell’Abbazia del Covone Dorato, poi l’Abbazia di Oakengrove. Due ore prima della mezza, in seguito, era la volta delle campagne circostanti Ashabenford e i dintorni della città stessa. Un pasto frugale consumato vicino all’Ashaba e poi di volata in riunione con il capitano Walerts e il comandante Shendean. Raramente duravano meno di tre ore, per quanto assurdo potesse sembrare che in un luogo relativamente tranquillo come Mistledale fosse necessario così tanto tempo a riassumere cosa succedeva ai contadini del luogo.

Dopo la riunione ci si poteva godere un po’ di meritato riposo aiutando gli operai intorno alla caserma per un paio d’ore: a giorni alterni i Cavalieri di Mistledale facevano a turno per non lasciare giri di ronda scoperti. Il comandante Shendean era stato chiaro: fin quando la questione delle bestie magiche non si fosse del tutto chiusa, i suoi uomini e le sue donne non avrebbero conosciuto il significato della parola “riposo”. Ne andava dell’immagine dei Cavalieri, della sicurezza dei cittadini e altre questioni che la giovane donna aveva ripetuto nella sua mente mentre si spaccava il didietro cavalcando per ore o spaccandosi la schiena per aiutare a smuovere i detriti dal cortile della caserma dei cavalieri.

La verità era che non era abbastanza. Niente era mai abbastanza, perché più avresti dato e più ti sarebbe stato richiesto. Mayline aveva imparato la lezione da molto tempo, e tutto sommato le stava bene. Era il genere di lezione che o ti piegava o ti spezzava. La povera Miranda, cara Miranda, ne era stata spezzata. Era anche per lei che Mayline era tanto determinata ad andare in fondo alla vicenda, come una sorta di egoistica faccenda di giustizia privata. Nel profondo, il giovane cavaliere dubitava che avrebbe seguito un’altra faccenda con una tale, instancabile determinazione se fosse stato coinvolto qualcun altro nella questione. Ancora e ancora aveva mandato giù un turno dopo l’altro, mentre i lividi tardavano a guarire e le vecchie ferite tardavano a rimarginarsi. Per poco non era stata ripresa dal comandante in persona, quando quest’ultima aveva saputo che Mayline era quasi caduta da cavallo durante una ronda a causa della mancanza di sonno. In un modo o nell’altro era riuscita a svicolare dalla situazione a non farsi togliere l’incarico.

Perché nulla era mai abbastanza. C’erano semplicemente troppe cose da fare e troppe poche persone che le facessero; anche qualora le persone fossero state in numero sufficiente non era detto che fossero in grado di portare a termine il compito. La volontà da sola non era abbastanza: dopo un certo punto diventava anche una questione di capacità. Un’altra lezione che Mayline aveva imparato con le buone e Miranda con le cattive. Un’altra lezione che aveva piegato la prima e spezzato la seconda. Ma mentre Mayline poteva continuare ad andare in giro a vivere la propria vita, Miranda era divenuta una cosa sanguinolenta sparsa sul pavimento di casa. Il comandante aveva mostrato tatto nei confronti della famiglia e anche nei confronti di Mayline. Quest’ultima era abbastanza sicura che il comandante le avesse affidato il compito di sovrintendere le indagini del delitto dei Lynch proprio in virtù dell’amicizia che legava Mayline e Miranda da diversi anni – una decisione forse avventata, ma che Mayline aveva apprezzato.

Poi iniziarono i muri contro cui sbattere: gente che non sapeva nulla o che palesemente fingeva di non sapere o che, ancora peggio, dava informazioni volutamente sbagliate. E poi si era ricordata dei ragazzi che avevano denunciato l’aggressione durante la notte dell’omicidio dei Lynch e non troppi giorni più tardi si erano presentati in caserma nel peggiore momento immaginabile, prendendosi la loro dose di botte.

Adesso le prime luci dell’alba iniziavano a rischiarare l’orizzonte. La perquisizione del nuovo mulino aveva dato i suoi frutti: una colonia di quei pestilenziali ratti era stata estirpata grazie a un’azione congiunta di tre cavalieri e cinque miliziani. Un paio di essi non avevano una brutta cera e anche Mayline si sentiva nauseata da quando uno dei ratti diabolici l’aveva morsa. Si sarebbe fatta controllare da Janitha in un secondo momento. Era sul punto di rientrare in caserma, quando vide un corvo scendere in picchiata verso di lei. Mayline era una donna semplice e superstiziosa: era pronta a scacciare in malo modo il rapace per non attirare su di sé la malasorte che si diceva i corvi portassero. Fu quindi con estremo stupore suo e degli uomini al suo comando che il corvo iniziò a parlare in lingua comune con voce gracchiante

Di lì a una manciata di minuti, un drappello di cavalieri stava muovendosi verso sud.
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