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L'avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge.
Non riusciva a dormire. Continuava da ore a rigirarsi tra le mani il bicchiere di rum, a malapena assaggiato. Non era da lei, come non le appartenevano quelle sensazioni che la l’attraversavano come le onde di un mare in burrasca.
Cinque anni. Quello era il lasso di tempo che aveva speso a cercare Robert, con risultati a dir poco scarsi. Ed improvvisamente era comparso, ferito e traumatizzato, praticamente alla sua porta.
Ricordava quel giorno fatidico come fosse ieri. «Mi dispiace, devo andare. Ho una missione da compiere.»
Quelle erano state quasi le uniche parole che le aveva rivolto prima di scomparire, prima di abbandonarla ad Elventree. Un anno speso insieme, mentre cercava rifugio dai poteri che imperversavano lungo le coste del Mare della Luna, dodici lune indimenticabili e che, al solo ricordo, le scatenavano rimpianto, paura e rabbia.
Strinse maggiormente il bicchiere tra le mani, fin quando le nocche non diventarono bianche.
Un anno nel quale aveva osato pensare che dopotutto ci potesse essere qualcosa di bello per lei, in questa vita. Un periodo in cui si era illusa. Lei, nata da chissà chi, cresciuta tra i vicoli della grande città, spazzando i pavimenti e servendo da bere fin dalla tenera età. Lei, che era riuscita a sopravvivere al quartiere, alle viscide mani degli avventori di quel posto dove uomini e donne di ogni estrazione e dai gusti più vari andavano a spendere soldi, a sfogare fantasie proibite.
Ricordava ancora le parole di Jasmine, come fosse stato ieri: «Impara. Leggi, scrivi, fai di conto, allora sarai più utile di loro. Non farai la loro fine.»
Erano state le parole che avevano guidato la sua esistenza, che l’avevano condotta per mare e resa un quartiermastro. La vita era stata una severa maestra, aveva commesso degli errori, ma aveva sempre imparato da essi ed era sopravvissuta. Dopo tutto questo, aveva dimenticato quei preziosi insegnamenti per un briciolo di felicità.
E Robert, quel pezzo di cretino, l’aveva abbandonata per un ideale. Peccato l’avessero già picchiato per bene, avrebbe voluto pensarci lei. Dentro di sé aveva sempre saputo che non poteva prevedere come si sarebbe comportata se l’avesse mai ritrovato. Lui le faceva quell’effetto. Eppure, ora che era di nuovo con lui, il suo tocco le dava fastidio. Era diverso. Forse l’aveva idealizzato con il passare del tempo, o forse era stata la perdita di memoria a ridurlo così. Avrebbe dovuto scavare a fondo, c’erano anni di vuoto da riempire. Da dove veniva quel tatuaggio? Perché faceva battute sceme, quando era sempre stato un introverso? Mille altre domande la assillavano.
In un inconsueto impeto di rabbia, scagliò il bicchiere nel caminetto, riducendolo in mille pezzi.
C’erano risposte da trovare e soldi da guadagnare, non poteva permettersi di farsi prendere da emozioni che nemmeno comprendeva. «Fottiti, Robb» disse alla semioscurità, tuttavia ciò che udì nella sua voce non fu ira, ma nostalgia.
Eran Blackmore
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19-09-2019, 12:10
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 19-09-2019, 12:11 da Endymion.)
Remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato.
Continuava a sentirsi confusa, a comportarsi in modo poco razionale. Comprendeva quanto fosse rischioso tutto questo, ma non riusciva a controllarsi. Con lui era sempre stato così, ma ora le cose si potevano fare pericolose, aveva bisogno di mantenere la testa sulle spalle.
Aveva spiegato a grandi linee la situazione ai suoi compagni, principalmente perché incalzata da Lendral, che aveva rischiato la vita e non lo sapeva. Ma in qualche modo dovevano capire la situazione. Velyahn l’aveva sollecitata a raccontare di più, anche la parte che aveva lasciato fuori per proteggere se stessa, Robert ed anche loro, ma non aveva tutti i torti. Aveva già causato il pestaggio di un suo amico e compare, molti anni prima, e non voleva la cosa si ripetesse senza un buon motivo. Così disse loro qualcosa in più, sperando non s’invischiassero troppo. Aveva raccolto informazioni da organizzazioni anche in contrasto tra loro, e non voleva i suoi compari si facessero strane idee su un’eventuale coinvolgimento della Rete Nera, per ora era un’ipotesi campata per aria.
Temeva due cose. Innanzitutto, che Robert fosse stato lasciato appositamente per venire ritrovato, perché quel lavoro sembrava troppo da principiante per essere plausibile. Aggiungendoci il tatuaggio, per farlo arrivare direttamente a lei, come il destinatario di un pacco. Un messaggio. Secondariamente, e consequenzialmente, cosa ne avevano fatto di lui per renderlo un messaggio? Chi era oggi l’uomo che stava ospitando nella sua camera?
I suoi compagni sostenevano potesse essere un modo per colpire lei, ma chi c’era dietro? Lei non era un pesce grosso, nonostante il suo trafficare. Si era fatta dei nemici, ma non le sembrava l’operato dei maghi d’ombra o di qualche tribù umanoide. Non ricordava di aver pestato i piedi in modo rilevante ai neri, non capiva un loro eventuale coinvolgimento per arrivare a lei. Aveva imparato a chi non dare contro, ancora da ragazza, da quando… da quando avevano pestato Rusty.
E se fossero stati loro? L’avevano trovata, dopo undici anni? Il modo di fare era lo stesso. Il messaggio, il medesimo. Sembrava una fatica eccessiva per una scatola lanciata in mare da più di una decade. E Robert non aveva nulla a che fare con il suo passato al Gate, l’aveva conosciuto sei anni dopo, a migliaia di leghe di distanza. Ma il suo istinto le diceva che ci doveva essere una connessione di qualche tipo, ed era quell’istinto ad averla tenuta in vita, assieme ai suoi calcoli.
Ascoltando consigli dei compari, si decise a portare Robert al tempio di Selune, a Peldan’s Helm. A detta loro, le selunite erano brave sulle questioni che affliggevano Robert, ed avrebbe avuto anche la possibilità di indagare sul suo ritrovamento nei pressi del villaggio.
Certo era che doveva tenere gli occhi aperti, ancora di più. Oltre al mittente del messaggio, le altre donne stavano cominciando a dedicare troppa attenzione al suo uomo.
Ma ciò che era suo, era suo. Si trattasse di denaro, gattini di porcellana o uomini.
Eran Blackmore
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Intanto, gli incubi continuavano. Ogni notte, abitanti e ospiti alla sede della Rosa dei Venti venivano svegliati da urla disumane, con comportamenti che andavano degenerando ogni notte sempre di più.
In preda agli incubi, Robert si era grattato le braccia fino a sanguinare, aveva lanciato libri contro il muro, in una notte terribile aveva anche messo le mani col collo dello sfortunato - o sfortunata - che si era trovato a provare a svegliarlo...per poi ritrarle immediatamente con profondo orrore una volta svegliatosi del tutto.
Ma quel che è peggio, dopo la prima notte si era rifiutato categoricamente di condividere con gli altri il contenuto degli incubi, e si era quasi del tutto chiuso in un guscio...passava le giornate a fissare fuori dalla finestra, col sole o con la pioggia, con la fronte corrugata nello sforzo di ricordare...o forse di dimenticare gli incubi subiti.
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Cercò di metterci una pietra sopra, ma quella si rifiutava di far da coperchio al passato.
Stava cominciando a spendere una fortuna in donazioni ai vari templi, per far visitare e possibilmente curare il suo vecchio compagno.
Al tempio di Selune avevano avuto più fortuna, la sacerdotessa sembrava intendersi di malanni non esclusivamente legati al corpo, e Robert reagiva bene al posto. Forse aveva dei vecchi ricordi piacevoli legati al santuario di Selune di Elventree, ma, qualunque fosse la fonte, sembrava più a suo agio in quell’ambiente. Così Xenia si era decisa, a malincuore, a lasciarlo lì, per alleviare un poco le sue sofferenze. La sacerdotessa era fin troppo attraente, e lei trovava doppi sensi in qualsiasi cosa dicevesse, ma doveva passarci sopra.
Xenia rimase alcuni giorni a Peldan’s Helm, ponendo in giro domande sul ritrovamento di Robert nella zona. Se qualcuno avesse notato qualcosa di strano in quel lasso di tempo, se qualcun altro conoscesse il mercante, se tra le guardie di confine si fosse venuto a sapere il luogo del ritrovamento. Ogni cosa che potesse essere utile, era a quel livello di disperazione.
Quando non era intenta a cacciare informazioni, faceva visita a Robert al tempio. Seguendo le indicazioni della sacerdotessa, cercava di stimolargli la memoria con vecchi ricordi positivi che avevano condiviso. Decise di partire da cose semplici, come racconti del tempo passato insieme ed i suoi piatti preferiti. Non sapendo cucinare ma trovandosi in un villaggio di cacciatori, chiese alla locanda di preparare quella che era stata la pietanza preferita di Robert, cercando di ricordare gli ingredienti da lui utilizzati, e quella che era stata la sua birra preferita. Alla risposta che a Peldan’s Helm avevano solo un tipo di birra, e che esaudivano ogni richiesta con quella, scrollò le spalle e pensò che fosse abbastanza simile a quella da lei richiesta.
Chiedendosi perché perdesse così tanto tempo dietro ad un giocattolo rotto, quando il mare era pieno di pesci, si diresse al tempio con le pietanze...
Eran Blackmore
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24-09-2019, 18:42
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 24-09-2019, 18:43 da Endymion.)
Un uomo non può liberarsi dal passato più facilmente di quanto possa farlo dal suo corpo.
Le cose si erano mosse, improvvisamente. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma una cosa le rodeva: se avesse avuto quelle informazioni per tempo, avrebbe agito diversamente. Tuttavia le cose non andavano sempre per il verso giusto, ed era convinta, dal tono usato dall’uomo castano-rossiccio, che anche loro lo sapessero da davvero poco.
Alleati momentanei, forse, che aveva cercato di coltivare nel tempo proprio a questo scopo: aiutare Robert. D’altra parte era uno di loro, era giusto facessero la loro parte.
La donna sembrava molto più rigida nei suoi confronti di quanto fosse l’uomo. Forse lui era più bravo a nasconderlo, o magari lei aveva già tratto le sue conclusioni, giudice giuria e boia, come alcuni amavano fare. Non che lei fosse diversa, e proprio per questo quella donna non le piaceva.
Ma aveva bisogno di alleati, e con la tempesta che avevano previsto all’orizzonte, sarebbe stato più al sicuro con loro che con lei. Per ora.
Cominciò a passare le sue giornate alle locande. Una volta alla Foglia Dorata, un’altra al Cervo Bianco, un’altra ai Sei Scudi. E per non dare uno schema fisso a chi la stava cercando, ne scelse casualmente una ogni giorno.
Aveva altri alleati, e non sapeva veramente su chi contare. Lei avrebbe potuto decidere che il problema fosse eccessivo, e scaricarla, se non venderla direttamente a chi la stava cercando. Se fosse sopravvissuta a questa storia, un giorno avrebbe preso lei le redini in mano e le cose sarebbero cambiate. Gli altri membri della Rosa dei Venti avevano idee tutte loro, e quella che generalmente poteva essere una forza, in questo caso poteva diventare anche una debolezza.
Riprese a sorseggiare la birra, seduta al tavolo d’angolo. Ormai era calda, Dea, e doveva anche andarci piano.
Eran Blackmore
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Del passato dovremmo riprendere i fuochi, e non le sue ceneri.
«...nel caso specifico, saremo disposti a dimenticare la vostra piccola indiscrezione» aveva proposto l’uomo. Così sicuro di sé, quasi borioso. Come se lei non fosse cresciuta alla loro ombra, come se non sapesse come si comportavano. Dire di sì una volta avrebbe comportato il loro ritorno, per la loro prossima richiesta, facendo ancora leva su un’azione avventata di una ragazzina.
Non che lei si sarebbe comportata diversamente. Aveva manipolato ed era stata partecipe di un massacro per vendicare uno dei loro, che non aveva nemmeno mai conosciuto. Ma tanto bastava. In fondo, la loro ombra era stata una buona maestra.
Almeno ora sapeva quali fazioni erano in gioco. Se ci fosse riuscita, avrebbe mantenuto l’attuale tregua, forgiato un’alleanza di comodo con loro, e scalzato l’ultima. Più probabilmente, se Tymora sarebbe rimasta con lei, avrebbe ottenuto di far sopravvivere se stessa e Robert.
Le teorie ormai si rincorrevano, e nulla le dava una prova per propendere in un senso o in un altro. A livello personale, pensando con le parti basse e non con la testa, lo voleva ritenere innocente. Lei non era una che si poteva permettere di giudicare qualcuno colpevole di qualsiasi cosa, ma per come aveva conosciuto Robb, quel fesso era un idealista. Non si sarebbe unito agli Zentharim perché condivideva la loro visione, o per guadagno personale. Era uno che agiva per conto suo, ma quella missione sembrava così disperata da essere folle, ci doveva essere una grande motivazione dietro. Da quello che era venuta a scoprire, l’unica plausibile poteva essere la vendetta per la morte dei suoi genitori.
Lei voleva pensare fosse andato sotto copertura per tutti quegli anni, in cerca di informazioni sugli assassini o per arrivare direttamente a loro. Quella corazza di cuoio era stata fatta su misura, non era l’uniforme di un soldato semplice. Aveva frequentato la truppa del Pugno a sufficienza per capirlo. Chissà cosa doveva aver combinato vestendo quelle insegne per raggiungere il suo obiettivo. Sperava quel balocco non c’entrasse, ma la ragione le diceva diversamente. E poi doveva aver mandato all’aria tutto, quello sì che sarebbe stato tipico suo, e lungo la fuga per tornare ad Elventree si era imbattuto, in stato confusionale, in qualcuno che lo aveva riempito di botte e derubato.
Voleva crederlo, ma c’era troppa emozione e troppa poca testa in quella ricostruzione.
Eitinel era riuscita a procurarsi un incantesimo a Battledale per entrare negli incubi di Robert, forse quelli avrebbero potuto dirle qualcosa. Inoltre, aveva bisogno di trovare un libro di storia su Hillsfar, capire esattamente cos’era successo in quella città tutti quegli anni prima.
Eran Blackmore
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Ho tentato di dimenticare il passato e lui ha chiesto ospitalità al futuro. Così non me ne libererò mai.
Cercava disperatamente un’apertura tra la pietra, in una fredda stanza senza porte o finestre. Il liquido sul pavimento aumentava, bagnava prima le caviglie, poi le ginocchia. Sapeva che sarebbe affogato in quella cosa viscosa, rossa scura, quasi nera. Sapeva che si trattava di sangue.
Si trovava nel mezzo di un corridoio. Da sinistra provenivano delle urla acute, di un bambino. A destra, una porta. L’angoscia data dall’indecisione, quale direzione prendere.
Vedere se stessa attraverso gli occhi di uomo, mentre facevano sesso, nel loro vecchio rifugio. E di nuovo il sangue, che le usciva dagli occhi, dal naso, dalla bocca, da ovunque.
Di nuovo posti chiusi, la mancanza di respiro, il terrore. Sangue in ogni dove. Grida strazianti di bambini.
E poi di nuovo un corridoio. A sinistra un bambino seduto a terra, con gli arti crudelmente spezzati, che lo guardava con aria d’accusa. A destra una folla, tra cui molti non umani, ed i suoi genitori. Anche loro lo guardano giudicandolo, accusandolo.
Quando finalmente riaprì gli occhi ed uscì dalla trance, avvertì immediatamente il bisogno di un bicchiere di rum, forse di più, e di un bel po’ d’erba.
Lo sciocco si era infilato in una situazione che la sua testa non era stata in grado di gestire, era chiaro. Lei poteva solo intuire cosa significassero quelle immagini, forse sarebbe stato meglio chiedere alla sacerdotessa di Selune, se non avessero cercato nuovamente di arrestarli mentre, per una volta, cercava di fare qualcosa di altruistico. Ma cos’era l’altruismo, se non il cercare di sentirsi bene aiutando gli altri? Il fine era egoistico, dopotutto.
Si sorprese a sghignazzare. Stava diventando filosofica, il che significava che il liquore stava facendo effetto. Notò la bottiglia mezza vuota, ed una parte di lei considerò come ce ne volesse sempre di più perché facesse effetto. Se non altro era la roba buona, non il piscio allungato. Fissò intensamente il tiefling che era sicura la stesse tenendo d’occhio, fin quando non trovò di meglio da fare.
Robb stava cominciando a somigliare di nuovo all’uomo che era stato un tempo, e questo le rendeva ancora più difficile considerare l’idea di farlo sparire per sempre. Ma come avrebbe potuto eliminare coloro che lo minacciavano? Ne sarebbero arrivati altri, ed altri ancora. Come avrebbe fatto a provare la sua innocenza? Le possibilità di ritrovare quel diario erano remote a dir poco.
Un passo alla volta. Purtroppo poteva fare soltanto un passo alla volta.
Eran Blackmore
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14-11-2019, 18:15
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 14-11-2019, 19:26 da Endymion.)
Vivere nel passato è quasi come vivere in una bara… è totalmente limitante, e finisce con l’essere un coperchio sulla tua crescita…
C’era un piano, ed era stato messo in moto. Era rischioso, e poteva rivelarsi un buco nell’acqua, ma non poteva più stare ferma ad aspettare. Incalzata anche da quelli che dovevano essere i vecchi associati di Robert, che non sembravano credere assolutamente in lui. La cosa la irritava su più fronti, non solo per la mancanza di cameratismo. Se avessero avuto ragione, esisteva la possibilità che quell’uomo l’avesse sempre presa in giro. E lei gli aveva creduto, l’aveva visto come l’unica cosa bella che le fosse mai capitata in una vita grama, la cui preoccupazione principale era procurarsi il prossimo pasto, non morire di freddo o non farsi aggredire. Se avesse sbagliato in quell’unica, singola cosa… su quanto altro aveva avuto torto? Questa storia rischiava di sabotarla dall’interno, farle crollare la fiducia che aveva in se stessa.
Sapeva di fare un torto ai suoi attuali compagni, che per quanto diversi da lei non le avevano mai fatto mancare il loro supporto. Non c’era stato solo Robb, la Rosa era diventata una specie di orfanotrofio nel quale anime differenti si erano trovate e, seppur a volte dandosi fastidio a vicenda, riuscivano per lo meno a guardarsi le spalle l’uno con l’altra.
Erano anni che vagava in cerca di quell’uomo, la maggior parte della sua vita lontana dal mare era passata in sua funzione. Forse aveva sbagliato ad investire in un’unica cosa, non aveva differenziato. Era stata sentimentale, non razionale. E lei era una stronza calcolatrice… di solito.
Non avrebbe abbandonato Robb, anche se cominciava a vedere i problemi che le aveva creato. Avrebbe dovuto vedere oltre, ma non sarebbe scappata questa volta. Non da lui perché la situazione era diventata complicata.
Una volta un monaco le aveva detto che una delle chiavi dell’equilibrio era accettare ciò che si era, nel bene e nel male. Tappò la bottiglia di rum e la nascose nello zaino di Althimara, che a breve sarebbe partita. Era giunto il tempo di smettere di nascondersi da se stessa.
Eran Blackmore
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19-11-2019, 11:29
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 19-11-2019, 12:23 da DM Artemis.)
Nymeria non ne poteva più di avere Xenia tra i piedi, a sorvegliarla e proteggerla come se fosse una delicata statuina di cristallo. La cosa le stava facendo venire in mente cattivi ricordi, ricordi di cose che avrebbe di gran lunga preferito non rivisitare più. Ma a quanto pare, con gli Zhentarim in circolazione, la cosa non sarebbe stata possibile.
La presenza costante di Xenia comunque aveva avuto un risultato concreto, che la mezzelfa non mancò di esternarle ripetutamente: da quando aveva Xenia alle costole, la misteriosa figura che l'aveva seguita non s'era più fatta vedere. O almeno, non in modo così evidente; considerando che Nymeria non era riuscita a vederla in volto, era altrettanto possibile che la persona - elfo, mezzelfo o donna che fosse - si trovasse lì in bella vista, fresca e riposata, a bere una birra nella sua locanda. D'altra parte, i recenti piccoli problemi col Mythal avevano portato a Myth Drannor un mucchio di curiosi, quindi non è che in locanda mancassero le facce nuove.
In tutto questo, c'era sempre il problema di individuare due - finte - case sicure. Nymeria aveva sondato un po' le acque, e alla fine era giunta a una conclusione: avrebbero trasportato il finto Robert dall'Armeria Arcana di Ashabenford - Holfast aveva convinto sua moglie Cornelia a prestarsi alla messinscena, e come al solito aveva accettato di buon grado di aiutare il bizzarro gruppo senza fare domande e senza chiedere esattamente quale fosse lo scopo dell'operazione - verso Shadowdale.
C'erano alcuni buchi nella storia, ma Nymeria sperava che i loro nemici non si sarebbero fatti troppe domande, o che sarebbero giunti alle loro stesse conclusioni: ad esempio, perché non teletrasportarsi con Robert? Beh, non erano ancora sicuri che fosse davvero un amico - il che comunque era vero - quindi non potevano rischiare che rimanesse indietro, rifiutando all'ultimo istante di sottoporsi all'incantesimo. A pensarci bene, il finto trasporto verso Shadowdale si sarebbe ben adattato anche a una qualche forma di giudizio o processo davanti ai Mastri Arpisti di quella Valle...almeno, la mezzelfa sperava che l'avrebbero vista così. Qualche spia attenta si sarebbe anche potuta fare delle domande sulla bizzarra composizione del gruppo...ma Nymeria sperava di avere confuso abbastanza le acque. Forse Nashan sarebbe stato più convincente come guardiano che prigioniero, visto che aveva sbandierato la sua affiliazione ai quattro venti.
Rimaneva da decidere come trasportare Nashan all'Armeria Arcana senza destare sospetti, ma insomma, mica poteva fare tutto lei, no?
Stava giusto recandosi dall'onnipresente Xenia per comunicarle queste informazioni, quando nella testa iniziò a risuonarle un messaggio magico. Nymeria corrugò la fronte. Avrebbe dovuto riferirlo a Xenia, oppure no? Avrebbe messo a repentaglio la missione?
Alla fine, la mezzelfa optò per la sincerità. Sperava che Xenia avrebbe comunque fatto la scelta giusta, o nel peggiore dei casi, che qualcun altro l'avrebbe fatta per lei.
Riferì a Xenia tutte le informazioni riguardo alla casa sicura e al percorso che aveva ideato, poi fece una breve pausa, fissandola negli occhi con aria grave.
Infine aggiunse: <<C'è una complicazione...sembra che Robert abbia ritrovato gran parte della memoria. Non so altro però...non so COSA ha ricordato, e ovviamente ora non possiamo portarlo qui per chiederglielo. Cosa vuoi fare?>>
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Xenia mordeva il freno, anche se il paragone con un cavallo la indignava oltremodo. Da giorni sedeva alla locanda a farsi venire il culo quadrato, e senza poter bere. Doveva mantenersi lucida. Usciva ogni tanto a sgranchirsi le gambe per andare al mercato, o quando i demoni avevano attaccato la città, o quando gli elfi chiedevano aiuto agli avventurieri. Non era una sorveglianza costante, lo sapeva, ma le occhiate venate di sangue della locandiera le dicevano che andava bene anche così.
Tranquilla che non piace nemmeno a me, sorella, ripeteva spesso mentalmente.
Il tempo, senza bere, non passava mai. In una locanda poi. Le mani un po' le tremavano, aveva mal di stomaco, sporadici attacchi d'ansia che cercava di nascondere. Per tener lontana la tentazione aveva nascosto le sue riserve negli zaini dei cari compagni, che non avevano detto niente. Quelle borse erano davvero un casino.
Ascoltò ciò che Nymeria aveva da dire. Le sembrò più complicato del necessario, ma il nascondiglio non era stata una sua scelta. Obiettò sul tipo di spostamento, ma le venne spiegato che sia la magia di teletrasporto sia l'albero richiedevano volontarietà. Un'informazione buona anche per il futuro.
Quando arrivò al punto dei ricordi, le chiese di farle avere tutto per iscritto. Non poteva vederlo, ma voleva sapere cosa era emerso, senza omissioni o giochetti vari. Avevano un accordo, e si aspettava lo mantenessero.
Eran Blackmore
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