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[Sturm Greif] Come Folgore dal cielo.
#19
XIX

Ffolk sembrava ormai rassegnato.
Seduto a terra con le spallone ricurve e la testa calva, china, borbottava, stanco.
«Tanta fatica per cosa? Per venire giustiziati qui? Sto perdendo il conto delle volte in cui Hel viene ad avvolgerci per portarci con lei»
«E' qui anche adesso, jau»
«Jau. Due giorni...».
Ffolk borbottò ancora, questa volta facendo denotare una punta di rabbia repressa, di fastidio.
«... e saremo suoi».
Fu il commento sentenzioso di un lugubre e fin troppo pacato Erlend.

In realtà i tre ruathen non sapevano proprio cosa aspettasse loro.
Era prevista la pena di morte?
Sarebbero stati giustiziati con il cappio al collo o avrebbero dato loro l'opportunità di combattere e morire con un'arma in mano?
Oppure li aspettava una lenta, inesorabile e anonima morte tra le fredde e umide celle?
Oppure erano previsti strazianti lavori forzati?
Proprio non lo sapevano.

Tutti e tre erano inquieti. Persino Erlend faceva trasparire un'espressione sfiduciata e a tratti terrorizzata. Non sapevano proprio cosa fare.
Tentare la fuga? 
Non se ne parlava proprio. Non conoscevano il territorio, ne tanto meno la struttura in cui erano.
Tre come loro, di nuovo fuggitivi, avrebbero dato sicuramente nell'occhio.

L'indomani giunse lentamente, il tempo dentro quella cella sembrava essersi dilungato. Un minuto pareva un ciclo di stagioni intero.
I tre avevano dormito poco. O troppo. O troppo poco.
Erano visibilmente agitati e irrequieti, intrattabili, facili all'ira. Dalla loro cella si poteva udire un frenetico brusio scaturito dal loro continuo borbottio.

«Ma siete sicuro?»
«Shi shi! Vi duigo di shi!»
Sturm drizzò la testa, attraversato dall'immagine di un corpulento barbuto intento a caricare con in mano un boccale e poi sparire caracollando in un vicolo. Riconosceva quella voce.
«E sono vostri dipendenti?»
«Eshattamende mio buon difenshore della leggggie. Quei shette shono la mia scorta personual... perso...per...» il discorso fu inframmezzato da un rotto piuttosto sonoro « persuonale, shi»
«Sette?» l'altra voce, più matura e decisamente più lucida e autoritaria faceva trasparire delle chiare note di scetticismo e perplessità.
«Non shono... mh... erano... in quanti shono rimashti eh?!»
«Sono tre. E sembrano tre grossi morti di fame. Di Luskan o di Ruathym persino».
«Shi shi shignuore, shono pruoprio loro. Di Luskym shi shi. Shono muiei dipuendenti. La...»
«... vostra scorta, sì»

Le voci si avvicinavano sempre più alla cella.
I passi sferraglianti di uno erano accompagnati dalla sbatacchiare di oggetti e roboanti rotti dell'altro.
Poi due figure si fermarono davanti l'entrata sbarrata della cella.

A sinistra un uomo alto e distinto, tratti marcati e capelli brizzolati, corti. Fiero nella sua tenuta da ufficiale dei Manti Grigi.
Di fianco, a destra, un uomo altrettanto alto e largo almeno il triplo del primo. Una cuffia di cuoio sul capo. Viso e ventre corpulenti. Folta barba. Una tunica di lana che sembrava stesse per strapparsi da un momento all'altro, trattenuta da una cinta tirata all'inverosimile. L'espressione gioviale di chi avesse trovato quel che stava cercando da tempo immemore.

«Così siete la sua scorta eh?»
Ffolk e Sturm si scambiarono un'occhiata accigliata «Noi...»
«... siamo la sua scorta milord, mio signore. Sire». fu Erlend a prendere parola, deciso, lo sguardo risoluto.
«Sono un capitano. E conoscete il nome di questo signore quindi?»
«Nuo, non lo conosciono»
«Lo chiamiamo solo Signor Rotto» proseguì Erlend in quel che sembrava una recita preparata da anni.
Sturm e Ffolk lo fissavano con incredulità e piacevole stupore.
Sturm si ricordò che aveva già sentito parlare di Erlend a Ruathym, un tipo di poche parole, sempre cosciente di sè e di quel che gli era intorno, con un forte istinto di sopravvivenza e una mente sveglia quanto forte e micidiale era il braccio che impugnava la sua lunga spada ruathen.
Erlend lo Scaltro.
«A lui sta bene, a noi anche»
«E ditemi quanto vi paga?»
«All'inizio ci siamo accontentati dei pasti e delle birre. Poi oltre a quelli anche qualche moneta d'oro»
«Addirittura d'oro»
«Addirittura d'oro, jau. A lui sta bene, a noi anche».

Il capitano si massaggiò il mento decisamente indeciso sul da farsi.
Il signor Otto s'era presentato in caserma garantendo per quei tre, che all'inizio erano quindici, poi venti, e poi dieci, quindi sette.
Ed era deciso a farsi carico di loro, aveva anche portato con sè la paga consistente della loro cauzione.

«Dunque messere» il Capitano si rivolse al corpulento signor Otto «vi concedo la custodia di questi tre individui. Ma badate bene, se dovesse verificarsi qualche altro disordine che li vede coinvolti,  fosse anche solo uno di loro, anche voi verrete perseguito come loro tutore e datore di lavoro. Inoltre dovreste aggiornare i vostri documenti circa i dipendenti che avete a carico. Questa, consideratela un'eccezione per i servigi che avete reso più volte ai nostri Manti Grigi».
Alla fine quei tre, che prima erano quattro, avevano sgominato un gruppo fastidioso di banditi che stava andandosi sempre più ad espandere. Senza dirglielo il Capitano stava ricambiando loro il favore.

«Puodeteh starnueh cuertoh shinor Cuomand... Capit... Tenente! Arh! E oooura, fuori di qwui tuori da montah!» Otto rise fragorosamente stappando una grande borraccia con cui riempì il proprio boccalone.
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Era giunto il pazzo che aveva concesso loro un briciolo di fortuita fiducia.
La Morrighan sembrava aver volto lo sguardo altrove.
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RE: [Sturm Greif] Come Folgore dal cielo. - da cotoletta - 04-10-2017, 13:20

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